giovedì 28 febbraio 2008

MalinconicaMente


Oggi è la vita a testa in giù. Come un cane per strada che fiuta la libertà, ma non spezza le sue catene.

martedì 26 febbraio 2008

Domani nella battaglia pensa a me

Dopo una serata da dimenticare , questa mattina mi sono svegliata con l'umore alle stelle! I motivi sono tanti:venerdì inizio un nuovo lavoro che m' incuriosisce molto...paura ma adrenalina. Per il mio compleanno andrò un week end a berlino con le mie amiche e non aggiungo altro. Ho fatto una torta con cioccolato e cannella per la mia nipotina buonissima, anche se poi ho pensato che non le piace la cannella...Una delle mie più care amiche, che vive a Parigi, mi ha chiamato per dirmi che arriva tra una settimana così staremo insieme un pò non vedo l'ora. Domenica mi ero fatta male a un dito del piede ma oggi già non sento più il dolore. Ho ritrovato, spero, una persona da cui mi ero un pò allontanata e mi sento più completa. Manca pochissimo alla maratona di Roma e la forma fisica mi sembra decisamente buona. Ho appena finito un libro che mi è piaciuto da impazzire che è "L'uomo sentimentale"di Javier Marìas.
Mi piacerebbe che momenti così ricchi di entusiasmo e bellezza durassero per sempre, o forse no.


"Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
E' bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.

Non conoscendosi prima, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
forse in una porta girevole?
uno "scusi" nella ressa?
un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio
il caso stava giocando con loro.

Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando un risolino
si scansava con un salto.

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o il martedì scorso
una fogliolina volò via
da una spalla all'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell'infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
in cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà."

Wislawa Szymborska, "Amore a prima vista"

lunedì 25 febbraio 2008

1h41'10"


Eccolo lì, il tempo migliore....Non c'è nulla da dire, il corpo è un ingranaggio di precisione.
Allenamento costante, grinta, passione e concentrazione sono stati gli ingredienti della bellissima mezza maratona Roma-Ostia, in una giornata che profumava d'estate in cui tutto è stato assolutamente perfetto.
Non so se mi capiterà ancora di raggiungere miglioramenti tanto evidenti con questa velocità, non so neppure se tornerò a ripetere una prestazione del genere, non so se sentirò più quella sensazione di stordimento quando tagli il traguardo braccia al cielo nella tua città mentre il sole grande da lontano fa brillare il cronometro su quei numeri inverosimili. Ma quest'alchimia magica voglio conservarla, in uno spazio piccolo del cuore, come uno dei momenti più intensi di questo periodo della vita che continua a sorprendermi e a farmi provare emozioni che credevo sopite.
Ieri,tornando a casa un pò zoppicante dopo la gara, mi sono fermata a guardare il mare mentre una brezza salata, che soffiava piano, bruciava sul viso. Ma è un vento caldo, amico. E so che mi vuole bene.


"Vorrei imparare dal vento a respirare, dalla pioggia a cadere, dalla corrente a portare le cose dove non vogliono andare e avere la pazienza delle onde di andare e venire, ricominciare a fluire.

Un aereo passa veloce e io mi fermo a pensare a tutti quelli che partono, scappano o sono sospesi per giorni, mesi, anni in cui ti senti come uno che si è perso tra obbiettivi ogni volta più grandi.

Succede perché, in un instante tutto il resto diventa invisibile, privo di senso e irraggiungibile per me, succede perché fingo che va sempre tutto bene ma non lo penso in fondo.

Torneremo ad avere più tempo, e a camminare per le strade che abbiamo scelto, che a volte fanno male, per avere la pazienza delle onde di andare e venire, e non riesci a capire .

Succede perché, in un instante tutto il resto diventa invisibile, privo di senso e irraggiungibile per me, succede anche se il vento porta tutto via con se, vivendo e ricominciare a fluire
ricominciare a fluire
ricominciare a fluire
ricominciare a fluire"

martedì 19 febbraio 2008

Goodbye ruby tuesday


La strada è la stessa, le sensazioni sempre forti e irrinunciabili, la fatica ogni volta estenuante e bellissima, solo la testa è cambiata...Dopo il lungo di domenica oggi volevo fare una corsetta di scarico di 50-60 minuti, quel che basta per ridare un pò di velocità alle gambe, seguita da qualche allungo in salita. Sono partita mentre il ghiaccio già cominciava a ritirarsi dalle scalanature profonde inferte alla terra e il pallore del mattino dava vita a quell'apoteosi di sfumature azzurre e grigie che disegnano il cielo d'inverno.Non so cosa mi passasse per la mente ma ero davvero poco presente a me stessa, in uno stato d'animo in bilico tra sogno e confusione in cui a prevalere era la sensazione costante d'insofferenza emotiva.I piedi andavano veloci, troppo veloci per essere solo martedì e dopo 15 minuti (di solito ce ne metto 17-18) ero già al bivio che dalla strada secondaria porta verso l'imbocco della statale. A quel punto, e non riesco neppure a mettere a fuoco come, invece di girare a sinistra per tornare indietro passando dai boschi ,ho svoltato nella direzione opposta proseguendo lungo una strada che delicatamente sale verso una zona di collina aspra e isolata. La pendenza è molto graduale e non è difficile, con un pò di buona musica e una pervasiva sensazione d'incoscienza, ritrovarsi dopo parecchi chilometri in cima al pendio senza avere più nulla da perdere. Sulle note di "Where the streets have no name" degli U2 è arrivata una raffica di vento gelido che in un baleno mi ha risvegliato da quell' indefinibile sonno cognitivo riportandomi bruscamente alla realtà...E la realtà era che avevo corso per un'ora e 35 minuti ed ero veramente molto molto lontana da casa. Sono stata tentata di fermarmi ma di macchine a cui chiedere un passaggio neppure l'ombra e camminando mi ci sarebbero volute almeno altre due ore per tornare indietro. Ho fatto dietro front e più veloce che potevo ho ripercorso la strada nella direzione opposta sapendo bene, a quel punto, di aver commesso un'imperdonabile leggerezza. Dopo 2 ore e 31 minuti ero sul viottolo di casa con le gambe pesanti e dure come macigni,i crampi ai polpacci e le mani spaccate dal freddo.
Non sono serviti nè un bagno bollente nè i sali minerali nè il ghiaccio a farmi passare la stanchezza accumulata in quei tanti, troppi chilometri di distrazione. Così mi sono rovinata l'allenamento di giovedì, le ripetue di venerdì e forse anche il tempo della Roma-Ostia di domenica. Per non parlare del fatto che sono arrivata tardissimo al lavoro, saltando una conferenza stampa, e ho dovuto creare di sana pianta un pezzo sulla stagione musicale 2008 del teatro comunale di Perugia.
E' proprio vero che se non sai dove andare, non puoi perderti.

49 anni


Ciao Fidel, tenace e coraggioso protagonista di una favola piccola che divenne leggenda.


C'era un uomo troppo spesso solo e ora resta solo un viso che milioni di bandiere guidò...
e che diceva:
Venceremos adelante
o victoria o muerte
Venceremos adelante
o victoria o muerte!

lunedì 18 febbraio 2008

Lungo


32 Km di passione nel cuore di Roma...

"Been thinking about you,
the way I cut your hair
Your eyes are on my wall,
your teeth are over there

But I'm still no one,
and you're my star

What do you care?

Been thinking about you,
and there's no rest

Should I still love you,
still see you in bed

When I'm playing with myself?
What do you care
when the other men are far, far better?

All the things you got,
all the things you need
I bought you cigarettes,
and pried the company
to come and see you,
honey

I've been thinking about you, so how can you sleep?
Those people aren't your friends, they're paid to kiss your feet
They don't know what I know.
Why should you care when I'm not there?

Been thinking about you, and there's no rest
Should I still love you, still see you in bed
When I'm playing with myself?
What do you care when I'm not there?

All the things you got
that you'll never need
all the things you got
I bled and
I bleed to please you

Been thinking
about you..."

venerdì 15 febbraio 2008

Hotel Supramonte


L’ineluttabilità della vita ci spiazza, ci rende fragili e arrendevoli, timorosi e inconsapevoli…
Ieri mattina mi sono svegliata all’alba perché volevo tornare dall’allenamento in tempo per fare una sorpresa alla mia mamma, che questa settimana mi è venuta a trovare e a coccolare un pò, e portarle una luculliana colazione a letto. Fuori il sole era appena sorto e i campi intorno erano tutti ricoperti da un fitto ghiaccio che ingannando la vista, poteva sembrare neve. Ho fatto una fatica terribile a uscire dal letto, avvolta e calda come mi sentivo sotto la montagna di coperte, e di correre davvero non avevo tanta voglia. In programma c’era un percorso che stavo rimandando da quando sono arrivata: la temibile “mille curve dei boschi”, una strada lunga circa 6 chilometri che dalla valle sale, attraverso un’infinità di tornanti, su fino a 500 metri di altitudine. E’ veramente tosta e l’ultima nonché unica volta che l’ho affrontata è stato esattamente un anno fa ripromettendomi che mai più avrei spaccato i muscoli su un tracciato tanto ripido. Ma ovviamente…
Mentre mi vestivo era chiaro che non sarebbe stata una giornata facile; le scarpe che stringevano, l’i pod scarico, una piccola contrattura sotto la scapola, tutti segnali che forse avrei fatto bene a restare a sonnecchiare ancora un pò. Ma la corsa è così, ti frega sempre e quando pensi di voler mollare tutto ecco che poi ti regala una gioia talmente grande da cancellare ogni traccia di sofferenza.
Sono partita, percorrendo il viale sterrato che dal giardino porta verso la strada principale, a passo lentissimo un po’ per il ghiaccio che rendeva scivoloso l’appoggio un po’ perché le gambe non avevano ancora capito che era tempo di muoversi. Questa lieve rigidità delle mie fedeli amiche di viaggio è durata una buona mezz’ora, giusto il tempo che ci vuole ad arrivare all’imbocco della lunga serie dei tornanti. Per un attimo sono stata tentata di tornare indietro, convinta com’ero che mi sarei messa a camminare a metà, ma poi il mio innato senso di sfida mi ha convinto a proseguire più combattiva che mai. E non so come, per incanto o per magia, ecco che lì, ai piedi di quell’interminabile salita, ho iniziato a correre davvero. Mai una pendenza mi è sembrata più facile e bella e questo a dire il vero anche perché il panorama intorno è semplicemente mozzafiato; con le fronde alte degli alberi che fanno da cornice ideale al dedalo d’asfalto e la luce del mattino a illuminare gli appezzamenti di terra che si estendono, silenziosi e antichi, sino al confine della Toscana. Quando sono arrivata in cima il tratto di strada che mancava per ritornare a casa è volato sotto i piedi così leggero e veloce che non ho avuto neppure il tempo di ricordare che l’anno prima, dopo la “scalata”, mi ero fermata a bere alla fontanella per cinque minuti buoni.
La vita, però, non ti regala mai nulla ed ecco che sulla lunga discesa che segna gli ultimi 800 metri sono comparsi i cani. Sia chiaro: io adoro i cani, Ne ho uno bellissimo che è la mia gioia più grande. Però ne sono anche inconsciamente terrorizzata. Quando vado a correre, e in campagna succede spesso, ho sempre un leggero timore nel vedermi inseguire dalle simpatiche bestioline che mostrano i denti affilati per difendere il loro territorio. E quei tre pastori maremmani che mi venivano incontro ringhiando non promettevano nulla di buono…Non so perché a quel punto, quando mi sono sentita intrappolata dal loro abbaiare incessante, i nervi hanno ceduto e ho avuto una specie di attacco di panico. Con tutta la voce che mi era rimasta ho iniziato a gridare aiuto a un presumibile proprietario supplicandolo di richiamare a sé i tre segugi. L’uomo in questione, un contadino che produce latte e formaggio in un casale poco distante, si è palesato senza però proferire parola. E’ rimasto lì al bordo della strada a guardare le mie movenze terrorizzate come si guarda un oggetto estraneo che cattura la nostra attenzione ma non il nostro interesse. Questo atteggiamento indifferente ha provocato in me un tale eccesso di rabbia che ho iniziato ad apostrofare quel personaggio d’altri tempi con epiteti non propriamente amichevoli. Non sapevo più che fare: i cani erano lì minacciosi e sempre più vicini e io non avevo il coraggio di muovermi. A un certo punto, come se mi fossi improvvisamente ripresa da un corto circuito, ho iniziato a scalciare nel vuoto come un toro impazzito urlando e divincolandomi da quel trio animalesco. Sono scappata via correndo il più veloce possibile e portando con me, in quella fuga affannosa, tutte le mie fragilità e le mie insicurezze. Una volta al sicuro nella mia stanza ho iniziato a piangere di un pianto dirotto, come quello dei bambini spaventati che non sanno che il dolore, prima o poi, passerà. Ho lasciato uscire tutto perché so che quando mi succede, ed è veramente rarissimo, l’unica cosa che posso fare è attendere la fine delle lacrime. E così è stato.
La giornata è proseguita poi senza grandi emozioni: lavoro, chiacchere e cena fuori. Quel breve attimo di cedimento era sparito portandosi appresso anche quella recondita paura che ho, adesso, di amare ancora.


"Pick your pockets full of sorrow
Run away with me tomorrow
June

We'll try and ease the pain
But somehow we'll feel the same
Well, no one knows
Where our secrets go"

giovedì 14 febbraio 2008

Il banchiere dei poveri


«Hai una buona idea imprenditoriale ma non sai come reperire i fondi per realizzarla? Te li do io, mi basta la tua parola».
Youssou N' Dour spiega così il progetto Birima.
Birima è il nome di un leggendario re del Senegal dell’Ottocento, che parlava una sola volta all’anno. Di conseguenza, ogni sua parola assumeva un peso inestimabile, unico, e il re è divenuto il simbolo del valore della parola data, che per nulla al mondo può essere tradita.
Birima è ora anche il nome di una società di credito cooperativo senegalese fondata dal celebre musicista Youssou N’Dour. Che cosa lega il progetto finanziario alla leggenda? Il fatto che anch’esso si basa sul valore della parola data, dell’onore, della credibilità di una famiglia. Birima concede prestiti a piccoli e medi imprenditori, ambulanti, artigiani, commercianti, professionisti che hanno voglia di darsi da fare, hanno anche una buona idea imprenditoriale, ma non riescono a reperire nel tradizionale canale finanziario, ovvero le banche, i fondi necessari per trasformare in realtà il loro sogno. Ecco, si potrebbe dire che Birima è un’associazione di microcredito che si occupa di dare corpo e sostanza ai sogni e alle idee dei senegalesi di buona volontà.
Youssou N’Dour, qualora ci fosse bisogno di rammentarlo, è un musicista di fama internazionale, a cui spetta il merito di aver esportato la musica senegalese nel mondo. Profondamente legato alla sua terra, ha scelto di continuare a vivere in Africa, a Dakar. Considerato una fra le 100 persone più influenti del pianeta, che si distinguono per «potere, talento ed esempio morale», dal Time (maggio 2007), ha collaborato con artisti del calibro di Peter Gabriel, Sting, Paul Simon e Tracy Chapman.
Non sorprende che un uomo così carismatico abbia fondato un’associazione come Birima. Ma come gli è venuta l’idea del microcredito? «Succede spesso che amici, parenti e conoscenti mi chiedano aiuto», racconta Youssou N’Dour. «Un giorno però mi è capitato qualcosa di diverso dal solito: una persona è venuta da me per presentarmi un progetto, chiedendomi se potevo sostenerlo finanziariamente. Quest’uomo non mi chiedeva una donazione, voleva che gli prestassi una somma di denaro per realizzare un’idea. Non solo: mi chiedeva di mettere per iscritto che mi doveva restituire quella somma. Gliel' accordai, e dopo un paio di mesi tornò da me e mi rimborsò. Non appena se ne fu andato, pensai che quest’uomo si era comportato in modo onesto, quasi cavalleresco. E ho cominciato a riflettere, a confrontarmi con i miei amici: così è nata l’idea del microcredito e di Birima. Come figura pubblica, sono nella condizione di comunicare a un pubblico molto vasto l’opportunità racchiusa in questa forma di finanziamento, la forza rivoluzionaria di uno sviluppo sostenibile, che parte dal basso, da gente spesso ai margini della società».
Birima funziona così: se un senegalese ha voglia di lavorare e ha una buona idea per un’attività, e magari si è già scontrato con la difficoltà di trovare ascolto presso le banche, chiede un prestito, impegnandosi a restituirlo. Nella selezione dei progetti, si valuta non solo la sua possibilità di successo economico, ma anche i benefìci che la comunità può trarne, le ricadute positive sulla collettività.
Rispetto alla tradizionale esperienza del microcredito – che ha trovato la sua consacrazione nell’assegnazione del Nobel per la pace del 2006 al suo inventore, il bengalese Muhammad Yunus –, si tende a concedere somme di denaro di maggiore entità e per durate più lunghe. Ma, al di là degli aspetti tecnici, va sottolineato che il vero motore del funzionamento dell’associazione è qualcosa che ha a che fare con i rapporti umani e l’etica: tutto si fonda sulla parola data (io ti concedo un prestito, tu ti impegni a restituirlo), sull’onore, sulla fiducia reciproca, sulla rispettabilità della famiglia.
Valori profondamente radicati nella società africana. «L’aspetto fondamentale da tenere presente quando si vuole aiutare l’Africa è la conoscenza delle sue tradizioni e del suo passato», osserva Youssou N’Dour. Noi occidentali spesso pensiamo all’Africa sulla base di stereotipi. «Birima racconta un Paese che lavora, che vuole affrancarsi dalla povertà, che vuole farcela. L’Africa non è solo guerre, malattie, fame. Spero che emerga una nuova immagine della mia terra», dice Youssou N’Dour. Dopo il Senegal – scelto per la stabilità politica – il progetto verrà esteso ad altri Paesi africani.
Birima è stata posta al centro della campagna mondiale di comunicazione 2008 del Gruppo Benetton (che sostiene anche economicamente l’associazione) dal titolo Africa Works, realizzata da Fabrica. Vedremo le nostre città tappezzate di manifesti dell’artista James Mollison che mettono in primo piano questi senegalesi-imprenditori. Un inserto della rivista Colors indagherà sul valore del denaro. Le vetrine dei punti vendita Benetton avranno spazi dedicati e materiale informativo. Un cartone animato è stato preparato appositamente per la televisione senegalese.
Youssou N’Dour parlerà di Birima durante la sua tournée internazionale, intanto ha preparato un nuovo arrangiamento di una sua vecchia canzone, intitolata, guarda caso, Birima.

L’Africa si salverà da sola. Il futuro è nelle nostre mani.

martedì 12 febbraio 2008

La solitudine dei numeri primi


Mi sono venuti i primi sintomi irreversibili da runner: le rughe. Questa mattina dopo un'intensa sessione di corsa (1h25min di fartlek + 10 allunghi in salita giusto per provare a guadagnare altri "due minutini" nella prossima gara) mi sono buttata nella vasca da bagno profumata di rosa e cannella e guardandomi allo specchio mi sono resa conto che il mio viso era orribilmente cambiato. Due sottili ma profonde linee nemiche si sono insidiate in quella che viene definita "zona perioculare", conferendo al mio sguardo un'aria non più fresca e luminosa da bambina, ma spenta e sofferente come quella di un'anziana signora di campagna. Lo shock è stato terribile e per circa 45 minuti non ho fatto altro che spostare l'infausto vetro riflettenete alla ricerca della luce giusta che smascherasse o rivelasse come per incanto una pelle da bambola. Ma non è stato così e ho dovuto arrendermi all'evidenza. Oddio, arrendermi non è proprio la parola giusta perchè la prima cosa che ho fatto una volta uscita dai miei rituali lavacri, è stata quella di prenotare un trattamento viso antiage dall'estetista. Lo so perfettamente che non serve a nulla, so anche e non sopporto che le espressioni del tempo rivelano la nostra età e quindi la storia che ci appartiene. Ma chiamatemi superficiale o vanitosa, a me le zampe di gallina fanno veramente lo stesso effetto di una calza di spugna bianca indossata "alla crucca" con le Birkenstock.
Devo ammettere che quando ho deciso di dedicarmi seriamente a questa attività sportiva in molti mi avevano avvertita: "guarda che ti verranno le gambe da calciatore e la pelle di un'ottantenne!". Passi per le gambe che tutto sommato a me piacciono anche muscolose, ma le rughe no, quelle proprio non le posso vedere. Ma cos'è che spinge le donne a intraprendere una disciplina tanto faticosa e antiestetica come la corsa? Perchè mai un essere di sesso femminile non più giovanissimo, lavoratore indefesso,magari leggermente in sovrappeso, fumatore, con marito e creanza a carico, dovrebbe appesantire il volume della sua agenda con appuntamenti settimanali sfibranti mentalmente e debilitanti per il fisco? Posso capire la danza che esalta la femminilità, il nuoto che rimodella le forme, il tennis che è di compagnia, lo sci che è stagionale ma perchè proprio la corsa con le sue mille controindicazioni e il suo essere peculiarità indiscussa del maschio "che non deve chiedere mai"? Credo che le motivazioni siano varie, ovviamente dettate dalla singola eseprienza personale, però di base c'è il bisogno forse un pò disperato, di sfidare la vita nel suo crudo divenire. L'universo femminile, per sua stessa natura, è molto più fragile e complesso di quello maschile. E' insicuro ma protettivo, appassionato ma discreto, forte ma sensibile, sfuggente ma concreto, sognatore ma malinconico. E ci sono donne combattive, come me, che sentono implacabile il bisogno di ribadire un lato nascosto della loro anima in maniera quasi violenta. Per questo la corsa, che annulla completamente le distanze tra uomo e donna, tra bello e brutto, tra giusto e sbagliato. La corsa che non concede sconti a nessuno, che non si fa prendere in giro, non ammette errori. La corsa che sa essere amica ma che in un attimo diventa il peggior incubo che si possa immaginare. La corsa che va coltivata, amata e nutrita come un figlio. La corsa che cambia, che cresce ma in fondo resta sempre la stessa. La corsa che ti si attacca addosso bella e sensuale come un'amante innamorata ma anche spietata e dolorosa come una ferita ancora aperta.
La corsa è donna perchè in fondo gli uomini, delle rughe, se ne fregano.

lunedì 11 febbraio 2008

Primo tempo


Top five prima parte:

MUSICA
1) Mayonaise degli Smashing pumpkins e Kind of blue di Miles Davis (tutto l'album)
2) Just like heaven dei Cure e The Blower's Daughter di Damien Rice
3) Where the streets have non name degli U2
4) Futura di Lucio Dalla e No surrender del Boss
5) Nightswimming dei Rem, The Bitter end dei Placebo

LIBRI
1) La cripta dei Cappuccini di Joseph Roth
2) La versione di Barney di Mordecai Richler
3) Auto da fè di Elias Canetti e Aut aut di Kierkegaard
4) Il cuore perduto dell’Asia. In treno da Turkmenistan al Pamir di Colin Thubron
6) Cargo di Georges Simenon e il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry

CINEMA
1) Habla con ella di Pedro Almodovar
2) Jules e Jim di François Truffaut
3) Quarto potere di Orson Welles
4)L'eternità e un giorno di Theodoros Angelopulos
5) Mullholand Drive di David Lynch

TEATRO
1) Aspettando Godot di Samuel Beckett
2) Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand
3) Re Lear e Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare
4) L'Edipo Re di Sofocle
5) Le storie del signor Keuner di Bertolt Brecht

Il mare d'inverno


Ci sono giorni in cui le cose vanno esattamente, semplicemente come dovrebbero andare. Ieri è stato uno di quei giorni. La gara in questione, la mezza maratona di Fiumicino.
Mi sto allenando bene in questo periodo; ho acquistato una sicurezza nella corsa che non avevo mai avuto prima , una capacità naturale di sentire il mio corpo e soprattutto una straordinaria facilità a tenere il ritmo.
Siamo partiti presto da Roma, appuntamento alle 8.30 nei pressi dell'arco gonfiabile sul lungomare di Fiumicino. Il sole alto che illuminava un cielo azzurro brillante e la brezza marina che soffiava frizzante dalle onde, avevano contagiato l’animo della squadra di un ritrovato entusiasmo dopo la rigidità dei mesi invernali. I volti felici dei miei compagni e la sicurezza di un tracciato lineare e pianeggiante mi tranquillizzavano e sin da subito ho capito che sarebbe stata l’occasione giusta per provare a spingere un po’, per cercare un tempo migliore.
Dopo un riscaldamento veloce fatto di risate e pronostici, ci siamo avvicinati alla linea di partenza dove già si era radunato il folto gruppo di partecipanti, oltre 2000, che ogni anno più numerosi contribuiscono a rendere questa gara una delle più belle e ben organizzate del litorale romano.
L’unica nota stonata era il pettorale: una delle mie piccole manie è che ho la fissa dei numero rotondi e quello di ieri decisamente non lo era. Brutto e lungo come pochi mal si addiceva al mio umore positivo e per un attimo sono stata tentata di chiedere al presidente un improbabile cambio. Poi ho realizzato che forse mi avrebbe, giustamente, preso per pazza e sono corsa via con un po’ di disappunto ma facendo finta di nulla.
L’obiettivo era migliorare il mio personale di 1’48”ma soprattutto testare l’abilità a tenere il ritmo. Mi sono imposta, quasi violentandomi, una partenza lenta, lentissima. 5 minuti al Km doveva essere l’unico tempo sotto il quale non doveva mai scendere il cronometro. Giuro che non è stato semplice tenere a freno le gambe all’inizio: la strada era soffice e piana, le persone correvano senza mai ostacolarsi l’un l’altra, il tepore aveva reso i muscoli caldi e leggeri, la musica mi trascinava via con sé…Ma sono andata piano e ho corso i primi 15 km tutti a 4’55” con una regolarità disarmante. Non so dire se fosse il mare vicino, il dolce cullare delle barche nel porto, l’amore sconfinato che ho per questo sport, l’allenamento per una volta giudizioso,l’entusiasmo straordinario che caratterizza questo momento bellissimo della mia vita o forse più semplicemente una commistione di tutto ciò, fatto sta che non ho mai corso in maniera così rilassata e facile come ieri. Per la prima volta ero dentro il movimento , dentro il percorso, dentro il tempo e non c’era nulla, oltre al vento, cui andare contro. Mi è bastato semplicemente assecondare quel naturale fluire dell’energia per portare a termine una gara senza il minimo sforzo. E’ una sensazione incredibile che si prova, forse, solo quando si è talmente innamorati dell’amore che ogni cosa, anche la più difficile e irrealizzabile, appare naturale e straordinaria. Ho chiuso quei 21.097 metri di passione in 1h45’31” in una giornata che non dimenticherò a lungo. Perché ci sono momenti nella vita che vorresti fissare per sempre, come scatti rubati dell’anima, come le onde del mare d’inverno, quella musica costante che ci ammalia ma un po’ ci fa paura.



"Molte volte ho studiato

la lapide che mi hanno scolpito:

una barca con vele ammainate, in un porto.

In realtà non è questa la mia destinazione

ma la mia vita.

Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;

il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;

l’ambizione mi chiamò, e io temetti gli imprevisti.

Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.

E adesso so che bisogna alzare le vele

e prendere i venti del destino,

dovunque spingano la barca.

Dare un senso alla vita può condurre a follia

ma una vita senza senso è la tortura

dell’inquietudine e del vano desiderio.

E' una barca che anela al mare eppure lo teme."

mercoledì 6 febbraio 2008

RIPETUTA RIPETUTA RIPETUTAMENTE


Giornata di ripetute: dopo un intenso riscaldamento immersa nella nebbia mattutina dei boschi, sono arrivata all’imbocco di una squallida zona industriale dove ci sono però dei rettilinei asfaltati abbastanza lunghi. Mi sono fermata per un paio di minuti, giusto il tempo di calcolare a occhio la distanza da percorrere, e poi ho cominciato a fare le ripetute. 12x500 metri in 2’20” con 30 secondi di recupero. Questo tipo di allenamento, specifico per migliorare la velocità aerobica, non è proprio tra i miei preferiti. Mi annoia, mi stanca e soprattutto mette a nudo tutti quelli che sono i miei difetti di runner quali la poca potenza nelle gambe, il movimento scomposto delle braccia durante la spinta e l’uso eccessivo dei talloni a discapito dell’avampiede. Però è oggettivamente molto utile e in tempi di Roma-Ostia e di maratona, come si dice, tutto fa brodo. E poi in questo io sono proprio ligia al dovere: come un soldatino non salto una sessione di corsa neanche se mi sparano addosso. Ma mentre il fondo mi fa ancora venire i brividi, gli allunghi proprio non mi vanno giù. Quel rapido e nevrotico ripetere lo stesso pezzo di terra senza pensare a nulla, con il fiato corto e il cuore che impazza. Non ci vedo il senso, manca la poesia che la strada porta con sè…Anche nelle gare è così:per struttura fisica sarei forse molto più portata per i 5000 o 10000 ma mi stressano mentalmente perché in pochi chilometri si esaurisce tutto e non si ha il tempo neppure di guardarsi un po’ intorno. Per questo mi piace la maratona perché bisogna proprio volerla, ci vuole testa e concentrazione ma soprattutto tanta, tantissima passione. Secondo me, nella corsa come nelle relazioni, il vero grande amore si vede sulla lunga distanza. Il resto sono solo punti di ristoro.
Di parere opposto al mio sembrano essere i politici del nostro paese. Oggi il Presidente della Repubblica ha sciolto definitivamente le camere. Un atto inevitabile vista la recente sfiducia al senato e l’impossibilità di trovare un accordo di transizione tra i partiti. E così il 13 aprile, senza riforma elettorale, si torna a votare. Incredibile mi sembra ieri che siamo andati alle urne per eleggere Prodi…ah ma è vero in effetti ora che ci penso era proprio ieri!

Qui non arrivano gli angeli


Oh no
here comes that sun again
that means another day
without you my friend
And it hurts me
to look into the mirror at myself
and it hurts even more
to have to be with somebody else
and it's so hard to do
and so easy to stay
but sometimes
sometimes you just have to walk away
walk away

With so many people
to love in my life
why do I worry
about one

But you put the happy
in my ness
you put the good times
into my fun
and it's so hard to do
and so easy to stay
but sometimes
sometimes you just have to walk away
walk away
and head for the door

We've tried the goodbye
so many days
we walk in the same direction
so that we could never stray
they say if you love somebody
than you have got to set them free
but I would rather be locked to you
than live in this pain and misery

They say time will
make all this go away
but it's time that has taken my tomorrows
and turned them into yesterdays
and once again you my friend
are nowhere to be found
and it's so hard to do
and so easy to stay
but sometimes
sometimes you just have to walk away
walk away
and head for the door
you just walk away
walk away

lunedì 4 febbraio 2008

Fango


Questa mattina, dopo una notte insonne per colpa della forte tosse, mi sono svegliata prestissimo. Il cielo plumbeo avrebbe tolto qualsiasi velleità podistica a chiunque ma non so perchè, nella corsa come nella vita, ci sono dei momenti in cui le cose, semplicemente, accadono.
Senza riflettere mi sono vestita e nella penombra della campagna ho iniziato a correre. Non avevo in mente nessun programma di allenamento, nè tempi, nè distanze. Oggi era uno di quei giorni in cui volevo solo “sentire” la corsa. Il rischio di quando si pratica uno sport in maniera semicompetitiva è proprio quello di tralasciare la passione a favore del risultato. E così, il più delle volte, si finisce ad allenarsi per dovere più che per piacere.
Oggi no. Oggi la corsa mi ha completamente rapita. Mi sono lasciata trasportare dalla solitudine della strada, dall’aria gelida e dalla musica e senza più peso le gambe hanno iniziato a girare. Un passo dopo l’altro scorreva davanti a me un paesaggio quasi metafisico: il cielo grigio in pochi istanti si è illuminato di lampi e la pioggia ha preso a scendere come il pianto a dirotto di un bambino. Sentivo l’acqua scivolare sulla faccia, tra le dita delle mani e passare dalle caviglie fin dentro le scarpe. Gli occhi carichi di umidità faticavano a mettere a fuoco le immagini e in questo torrente di chilometri ho iniziato a pensare. Ho trascorso tutta la mia vita con l’atteggiamento sempre un pò incazzato di chi le cose le affronta andando comunque “contro”. La rabbia dell’adolescenza ha lasciato il posto, in età adulta, a una sorta d’innata diffidenza nei confronti della realtà. E questa continua tensione tra dovere e volere mi ha fatto perdere di vista, molte volte, la semplicità e la bellezza degli attimi di pace. Sempre in lotta con me stessa, sempre a fare a pugni con il tempo, con l’amore, con la verità.
E in questo gioco al massacro, estenuante e infinito per sua stessa natura, forse mi sono un pò persa...
Sbagliare la strada pur di non fermarsi, reprimere l’essenza più profonda della nostra esistenza perchè tanto la felicità è comunque altrove, imparare a farsi male per non sentire più il dolore.
Anche nella corsa è stato così: andare contro il tempo, contro la fisica sopportazione, contro le proprie possibilità e soprattutto contro il piacere stesso di ciò che si fa.
E invece bisogna imparare a sentirsi parte delle cose, provare ad assecondare i momenti, tendere la mano al proprio destino, ricominciare a fluire...Correre insieme alla strada, insieme alle gambe, insieme al tempo.E allora ecco che la corsa torna ad essere meravigliosa, quell'emozione unica che leva il fiato. Perchè il traguardo non esiste, il traguardo lo decidiamo noi. Perchè la fine di un viaggio non è una resa ma è già l’inizio del prossimo.
E allora qualsiasi gara, qualsiasi percorso, qualsiasi storia diventa facile e morbida. Come la pioggia di oggi che lentamente, scivola via...


“che l'unico pericolo che senti veramente
è quello di non riuscire più a sentire niente
di non riuscire più a sentire niente
il battito di un cuore dentro al petto
la passione che fa crescere un progetto
l'appetito la sete l'evoluzione in atto
l'energia che si scatena in un contatto...”