giovedì 31 gennaio 2008

Io so


Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).

Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.

Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.

Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.

Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).

Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.

Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.

Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari. 12 dicembre 1969: alle 16,30 un ordigno esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano provocando 16 morti e 84 feriti Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...

Pier Paolo Pasolini
"Scritti Corsari", 14 novembre 1974



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martedì 29 gennaio 2008

Il mezzo è il messaggio


Mi sono resa conto solo questa mattina che in casa mia, di cui al momento sono l’unica inquilina, ci sono ben due ricevitori di Sky. Ora, la mia passione maniacale per la televisione e per il messaggio comunicativo in genere è nota a tutti quelli che, un minimo, mi conoscono. Però di arrivare ad avere più medium di quanti riceventi ci fossero davvero non mi era mai capitato. E mi sono spaventata. Uscita dal bagno ho preso sconsolatamente coscienza del fatto che stavo seguendo due trasmissioni differenti su altrettanti apparecchi posti a una camera di distanza l’uno dall’altro. E la cosa peggiore è che ero attratta e coinvolta da entrambi allo stesso modo. Da una parte un’arcinota sit com americana raccontava le storie di un improbabile gruppo di amici alle prese con i loro guai, dall’altra una trasmissione di attualità proponeva interviste e approfondimenti sui principali protagonisti del nostro tempo. Giravo lo sguardo e le orecchie come durante una partita di tennis, incapace di decidere chi dovesse avere la meglio all’interno dei miei pensieri. Forse non mi aspettavo realmente che qualcuno vincesse, forse volevo solo riempire la testa di rumori e immagini perché nella solitudine della campagna ci sono momenti che durano un’eternità.
Allora ho spento tutto e ho iniziato a vivere un po’.

Day by day


Oggi sono andata a correre prestissimo. Sono sgusciata fuori rapidamente da quel tepore materno che solo il letto ti regala e, infilati vestiti e scarpe, sono uscita nel freddo pungente del mattino. La strada era leggermente ghiacciata quindi ho dovuto iniziare con un riscaldamento moderato per dare il tempo al piede di abituarsi a quel terreno un po’ scomodo. Avevo in programma un medio veloce di circa 8-10 km ma le situazioni ambientali mi hanno fatto propendere per un lungo lento che comunque è sempre utile in vista dell’imminente maratona. Va detto che qui il percorso è quasi privo di tratti in pianura ed è quindi comunque difficile impostare dei lavori di velocità che tendo a riservare ai giorni in cui sono a Roma. Sto ancora cercando di capire come riuscire a ottimizzare l’allenamento perché non voglio ritrovarmi tra due mesi nella stessa situazione in cui mi sono trovata a Firenze. Devo aumentare i lunghi? Ridurre i recuperi? Aggiungere un’altra sessione di ripetute a settimana? Ognuno dice la sua e io non so più a chi credere. Forse per una volta tanto darò retta a Musilli, stai a vedere che divento forte come lui…

lunedì 28 gennaio 2008

quante cose che non sai di me


Nell'opera teatrale "Dialogo nella palude" di Marguerite Yourcenar la protagonista dice che le donne hanno un'anima che nessuno ha mai incoraggiato.
L'uomo ideale, per me, è quello capace d'incoraggiare quell'anima.

Champagne!


Se c’è una cosa che mi fa veramente perdere la testa è l’attesa per sedersi al ristorante. Quel “ prego se intanto volete prendere un aperitivo al bar” proprio non lo sopporto perché, se avessi voluto prendere qualcosa al bar, sarei andata lì e non al ristorante. Odio quella sospensione del tempo fatta di cocktail e “benvenuti dello chef” in cui la conversazione non è mai completamente rilassata perché si è sempre in attesa di… Odio quello scrutare continuo all’interno della sala nella speranza di vedere se qualcuno sta pagando il conto. Odio dovermi mettere a pensare a quante persone ci fossero già prima di me e quei sottesi commenti da zitella sull’inutilità della prenotazione se poi tanto si deve aspettare. Io poi, non bevendo alcolici, mi ritrovo sempre a sorseggiare qualche nauseante succo d’ananas che, oltre a rovinare l’appetito, mi fa puntualmente venire acidità di stomaco. E così la serata volge direttamente a schifìo. Quando poi finalmente mi ritrovo seduta al tavolo ho accumulato addosso un tale livello di nervosismo che proprio non riesco a smettere di lanciare frecciatine antipatiche nei confronti del cameriere, salvo poi sentirmi in colpa e sollevarlo da un’ effettiva responsabilità diretta. Ordinare a quel punto diventa un’ardua impresa perché mi si annebbia puntualmente la vista e quello che leggo sono sempre e solo piatti che o non mi piacciono o contengono ingredienti a cui sono irrimediabilmente allergica. La conversazione assume i tratti di un incontro al mercato tra comari e qualunque tipo di eventuale piacere prodotto dall’andare a cena fuori viene completamente annientato dai miei costanti e irrefrenabili insulti a danno del ristorante e dalle mie movenze impazzite. Il servizio sarà di certo troppo lento , la pasta scotta e il pesce non fresco. Il dolce non vale la pena e il conto troppo caro. Ma la cosa che più in assoluto mi fa diventare simile a un consumatore abituale di ecstasy è lo scoprire che, al prezzo della cena, si è aggiunto anche quello delle consumazioni al bar che erano, ovviamente, a parte.
A quel punto meglio riaccompagnarmi velocemente a casa e propormi, eventualmente, un secondo appuntamento alla neuro.

Il giorno della memoria


“e anche questa ce la siamo levata dalle…” e invece no perché la Tre Comuni è una gara, nonostante la difficoltà tecnica e la lunghezza, veramente formativa.
Ieri mattina alle 7 , con una temperatura esterna quasi polare, ero sotto casa di Roberto pronta per affrontare la mia prima maratonina tutta in salita. Avevo dormito poco la notte precedente e mi sentivo addosso quella strana sensazione di euforia e stanchezza che si ha sempre quando si sta per intraprendere un’impresa che forse non è proprio alla nostra portata.
Abbiamo aspettato circa quindici minuti che arrivasse tutta la squadra e poi siamo saliti in macchina alla volta di Nepi. Ero l’unica neofita della manifestazione e quindi ho ascoltato attentamente i consigli dati dai miei compagni anche se, in realtà, dentro di me già sapevo che a nulla sarebbero valsi qualora la crisi muscolare fosse sopraggiunta a spezzare il ritmo.
In meno di quaranta minuti eravamo nella piazza del piccolo borgo medievale già gremita di gente; un folto numero di partecipanti si stava apprestando a svolgere quelli che sono i cosiddetti “preliminari” che caratterizzano qualsiasi tipo di evento podistico. Ritiro dei pettorali, posizionamento del microchip, riscaldamento muscolare con creme e stretching, suggerimenti tecnici, regolazione del cronometro e tanta tantissima eccitazione contagiante. Devo ammettere che nonostante il freddo fosse veramente pungente e il piede ancora poco sicuro nell’appoggio, mi sentivo estremamente rilassata e felice.
Il momento dello start è sopraggiunto all’improvviso mentre ancora stavo stringendo i lacci delle scarpe e ripassando mentalmente la strategia di gara, ammesso che ne avessi una.
Mi sono trovata quindi quasi travolta dalla folla che partiva e ho iniziato a correre. La salita comincia dopo neppure 100 metri e, tranne qualche brevissimo tratto in discesa, non finisce praticamente mai. La caratteristica principale di questo tracciato è quella di essere circolare: da Nepi si passa per i deliziosi paesini di Civita Castellana e Castel Sant’Elia per poi ritornare indietro. Ciò che rende, nonostante la complessità, tanto speciale e amata la Tre Comuni è il suo essere una gara prevalentemente “visiva”. Il paesaggio circostante che scorre chilometro dopo chilometro è particolarmente suggestivo: le cime innevate svettano all’orizzonte mentre la strada prosegue accarezzata dal tufo e dai boschi rigogliosi. Forse proprio questa sua virtù paesaggistica estraniante ha fatto sì che mi ritrovassi, dopo 11 chilometri, praticamente avanti a quasi tutti gli altri compagni di squadra, segno evidente che a breve avrei pagato molto cara questa leggerezza. Spingere all’inizio è un po’ uno dei tratti distintivi del mio approccio alle gare: tendo quasi sempre a correre quasi un minuto al chilometro in meno, rispetto a quello che sarebbe il mio passo medio, per almeno metà gara per poi ritrovarmi a fare i conti con un esaurimento di energie prematuro. Si chiama inesperienza, dicono i veterani. Mi ero ripromessa questa volta di non cadere nello stesso errore ma la facilità con cui giravano le gambe all’inizio e le suggestioni esterne erano tali che, senza neppure accorgermene, avevo intrapreso una media di 4’50” al Km che sono tanti, per me, persino in un tracciato più breve e meno tecnico.
E poi eccolo lì, imponente e interminabile, il famigerato tornante del 12esimo chilometro. Una salita ripidissima lunga quasi fino al traguardo. Quasi tutti, arrivati a quel punto o si mettono a camminare o cominciano a corricchiare con un ritmo pressochè ridicolo. Arrivare in cima è veramente un’impresa…io ho fatto quello che potevo attanagliata da mille dolori ai quadricipiti e fitte al fegato fortissime. Ho corso gli ultimi quattromila metri quasi piegata in due perché non riuscivo a respirare stando dritta e le gambe non davano cenni di vita però nonostante tutto mi piaceva ancora essere lì, nelle bellezze della campagna viterbese in una mattinata gelida di gennaio che porterò a lungo nella memoria.
Quando siamo giunti a ridosso dell’arrivo avevo già ripreso a correre veloce da qualche minuto e sono riuscita a fare un’entrata nelle due ore abbastanza dignitosa recuperando, anche se in maniera quasi irrilevante, un po’ dell’imbarazzante ritardo accumulato.
Ci siamo ritrovati tutti di nuovo lì, stremati e felici, in quella piazza che per un giorno l’anno accoglie teneramente coloro i quali nonostante il freddo e la fatica non smettono e non rinunciano a lasciare i propri passi sulla strada per raggiungere un altro traguardo.
Perché la vita è un brivido che vola via…

domenica 27 gennaio 2008

Colazione da Tiffany


Una delle cose che più mi piace nella vita è fare colazione a letto. E’ un lusso che mi concedo molto raramente perché quattro giorni a settimana, la mattina presto, sono impegnata tra allenamenti e gare e comunque non potrei dedicare tanto tempo a un’arte elaborata che richiede una buona dose di pazienza e, secondo me, di autentica passione. La verità è che adoro fare colazione a letto quando a prepararla è qualcun altro. Altrimenti che “a letto” sarebbe se sono già stata mezz’ora a spadellare tra toast, caffè e marmellate biologiche?
Nelle pochissime occasioni in cui si è avverato questo sogno perverso, ho sempre seguito una ritualità precisa nell’affrontare la successione delle proposte culinarie presentate sul vassoio: comincio sempre dalla frutta, spremuta o intera che sia, poi passo al tè che nel frattempo dovrebbe essere pronto, né troppo chiaro né troppo scuro. Lo verso nella tazza e inizia l’apoteosi del biscotto inzuppato. Le Gocciole al cioccolato, per la precisione. Una dopo l’altra si ammorbidiscono per poi sciogliersi completamente in bocca lasciando un sapore divino e frolloso. Esauriti i dolcetti della felicità proseguo con lo yogurt, rigorosamente bianco, addolcito con miele, pinoli e cannella. Nel frattempo, se la conversazione con chi si è reso artefice di un tale gesto d’amore non dovesse decollare, leggo il giornale o le pagine leggere e colorate di qualche rivista di moda. E non importa se alla fine le lenzuola sono piene di briciole o se un po’ di miele si è appiccicato al pigiama e neppure se il tè ha macchiato indelebilmente il piumone .
In quel momento può anche cadermi una tegola in testa che, state sicuri, sorriderò beata.

Vincitori e vinti


Giovedì sera durante la premiazione della stagione podistica 2007 della mia società, “il vizio di correre”, ho vinto dei premi. Molti premi. Non ero presente per ovvie ragioni di carattere geografico ma la notizia mi è arrivata oggi pomeriggio con una chiamata squillante di Matilde, mia ottima compagna di gare e amica.
Quando ho iniziato a correre non è stato per la gloria né per una voglia di riscatto nei confronti di qualcosa o qualcuno. Ho iniziato a correre semplicemente perché mi sembrava in quel momento la cosa più semplice e naturale da fare. La mia giovane esistenza condotta per lo più senza troppe regole né ambizioni aveva bisogno di un percorso preciso e difficile da intraprendere e la corsa è diventata un metodo, uno stile di vita. Allenamenti costanti, solitudine e compagnia, resistenza alla fatica, miglioramenti e ricadute, dolore ed euforia, senso del dovere, spirito di squadra. Tutto insieme in quel piccolo gesto che parte da un piede ma non si protrae senza l’aiuto costante del cuore.
Poi nel cammino ho incontrato la competizione amatoriale; indirizzare l’impegno verso un preciso scopo. E il mio è apparso da subito dovesse essere la maratona. Senza se e senza ma neppure per un momento mi è sfiorata l’idea di non farcela, di non riuscire a finirla. Mentre correvo, quel 18 marzo dell’anno scorso, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era il traguardo e al mondo che si apriva al di là di esso.
Non so come spiegarlo a chi non l’ha mai provato ma arrivare correndo al famigerato 42esimo chilometro è un po’ come morire per poi rinascere. Lo so che sembra una frase fatta e che forse non vuol dire nulla però è così. Abbandonarsi a quella fatica primordiale per poi diventare protagonisti della propria impresa. E non ci sono scuse, non esistono scorciatoie né rinvii.
Quello che è successo dopo non me lo ricordo però quel giorno a Via dei Fori Imperiali io sicuramente HO VINTO.

venerdì 25 gennaio 2008

Chi l'ha dura (non sempre) la vince


In questo periodo abito in campagna, in uno di quei vecchi casolari ristrutturati rispettando le architetture originali e quindi, pieno di spifferi e abitanti indesiderati.
Nella mia stanza in particolare soggiorna, ormai da un pò, un simpatico tarlo che ha preso dimora all’interno di un’antica trave che, proprio per la sua prestigiosa natura, è marcia.
Il grazioso animaletto mi tiene compagnia tutte le notti animando il silenzio delle valli umbre con il suo continuo, irrefrenabile, ossessivo sgranocchiare l’evidentemente gustosissimo, legno.
La prima sera mi sono beata di cotanto accompagnamento musicale che mi riportava in un attimo alle atmosfere bucoliche del passato; la seconda notte, seppur lievemente infastidita dall’incessante banchettare dell’insettino, ho proseguito il mio viaggio immaginario tra le atmosfere contadine. La terza notte ho optato per dei tappi alle orecchie che comunque mi facevano sentire parte di un universo primordiale; la quarta notte, con un inizio di sindrome da stanchezza cronica per la protratta mancanza di sonno, ho fatto un balzo nella civiltà moderna e ho lasciato accesa la televisione pur di non sentire quel continuo trapanare. La quinta notte in preda a un esaurimento nervoso ho deciso di affrontare la bestiolina a quattr’occhi: ho acquistato un’arma non convenzionale, la pistola a silicone, e ho iniziato a sparare all’impazzata all’interno di ogni singolo spiraglio presente nelle travi. La foga per la gloriosa battaglia è stata tale che alla fine sono caduta esanime sul letto con il revolver da ferramenta completamente scarico, ancora in mano. Tutta rossa in viso, ansimante e con i capelli scompigliati per il trasporto riposto nell’impresa, mi sono fermata per godere finalmente di un ambiente insonorizzato...ma no! ecco che dopo neanche un minuto dalla resa, l’odioso tarlo ha ripreso a rifocillarsi con gli antichi materiali lignei totalmente incurante dei miei offensivissimi spari.
Mi sono arresa e sono andata a dormire in un’altra stanza.

Voglia di gridare

Ti è mai venuto in mente che a forza di gridare
la rabbia della gente non fa che aumentare
la forza certamente deriva dall'unione
ma il rischio è che la forza soverchi la ragione

Immagina uno slogan detto da una voce sola
è debole, ridicolo, è un uccello che non vola
ma lascia che si uniscano le voci di una folla
e allora avrai l'effetto di un aereo che decolla

La gente che grida parole violente
non vede, non sente, non pensa per niente

Non mi devi giudicare male
anch'io ho tanta voglia di gridare
ma è del tuo coro che ho paura
perché lo slogan è fascista di natura!

giovedì 24 gennaio 2008

Niente paura


E' caduto il muro che divideva la striscia di Gaza e l'Egitto. E un fiume inarrestabile di palestinesi ha cominciato ad attraversare la frontiera di Rafah per procacciarsi cibo, combustibile e medicine. Disperati anelano a un mondo migliore, una possibilità di riscatto apparentemente a portata di mano.
In serata è caduto il governo Prodi perdendo la fiducia al Senato per una manciata di voti. E per l'ennesima volta, a legislatura non ancora terminata, saremo chiamati a eleggere la nuova classe politica a cui affidare il nostro futuro e le nostre aspirazioni.
Entrambe le cose erano forse scientificamente prevedibili; secondo la teoria del caos un sistema complesso è un qualunque sistema che ha comportamenti imprevedibilmente complicati e caotici, sfuggendo così al controllo e alla previsione. Come un unico granello di sabbia può provocare una frana, così una singola persona o avvenimento che sfugge alle leggi correnti può dar vita a una rivoluzione.
Scrive Camus in una delle sue opere più disperate “Mi fermo, non abbia paura. D’altronde la lascio, questa è la mia porta. In solitudine, aiutati dalla stanchezza, che vuole, uno si prende facilmente per profeta. In fin dei conti, è proprio questo che sono, rifugiato in un deserto di pietre, di nebbie e d’acqua putrida, profeta vuoto per tempi meschini, Elia senza messia, imbottito di febbre e d’alcool, con la schiena contro questa porta ammuffita, il dito levato verso un cielo basso, coprendo d’imprecazioni uomini senza legge che non possono sopportare nessun giudizio. Perché non possono sopportarlo, mio caro, ed è questo il problema”.

Ma se facessimo crollare le speranze, avremmo forse meno paura?

mercoledì 23 gennaio 2008

Rimmel




Mi piace il rimmel che cola dagli occhi quando si bagnano di pioggia o di pianto.
Mi piacciono le mani quando si muovono per raccontare una storia perchè in quei gesti sono racchiusi i momenti.
Mi piacciono le spalle quando sono forti e ossute come quelle dei vecchi marinai.
Mi piace la pancia quando dorme perchè il suo nome è dolce e nella sua carne ritrovo il calore dell'accoglienza.
Mi piacciono le orecchie aperitivo del desiderio.
Mi piace la bocca perchè non si consuma.
Mi piacciono le gambe che s'incrociano nella notte perchè sono la memoria.
Mi piacciono le braccia che si aprono al traguardo perchè sono la fatica.
Mi piace il naso perchè non sbaglia mai.
Mi piacciono i capelli perchè seguono il ritmo naturale delle stagioni.
Ma più di ogni altra cosa mi piacciono i piedi perchè sono la storia, il lungo cammino che sempre ci accompagna.

Partenze e ritorni


"Quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente e finalmente accetteremo il fatto come una vittoria!"

...come d'autunno sugli alberi le foglie


Oggi è una di quelle giornate talmente belle e limpide che correre sembra la cosa più naturale e semplice del mondo. Il vento forte ha spazzato via qualsiasi residuo di nubi e dai viottoli sterrati di Villa Pamphili si riuscivano a intravedere le cime del Terminillo. Il parco era pieno di gente come succede di solito solo nelle giornate in prossimità della Maratona di Roma e le facce incupite dal freddo e dalle troppe insicurezze che questo paese a volte ci riserva, hanno lasciato il posto a dei sorrisi finalmente rilassati e vitali.
Avevo in programma di fare una mezz'ora di riscaldamento seguita da sessione di ripetute da 6x500 metri in 2'20" con recupero di 30" tra una e l'altra. Domenica ho la Tre Comuni e non voglio sforzare troppo le gambe. Poi però dopo circa venti minuti a ritmo blando mi si è accostato Michele un ragazzo con cui mi sono allenata qualche volta e che non vedevo da alcuni mesi. Mi ha proposto di fare un giro insieme e abbiamo cominciato a chiaccherare dell'annosa questione Ratzinger-Università. Io penso che al di là delle proprie convinzioni religiose la libertà di parola debba essere garantita a tutti e che sia stata davvero un' importante occasione mancata. E mi è venuto in mente un viaggio in macchina che ho fatto mentre ero in vacanza in Indonesia nell'immensa isola di Sulawesi. Per raggiungere il porto da cui potermi imbarcare per un piccolo arcipelago sperduto ho approfittato del passaggio offerto da una famiglia locale. La strada era lunga (quasi 30 ore) e avremmo dovuto attraversare numerosi villaggi in cui la situazione tra musulmani e cattolici era paticolarmente tesa. Nei pressi di Poso, fulcro incandescente degli scontri religiosi,la macchina si è fermata e tutti i miei compagni di viaggio, non parlando inglese e non riuscendo quindi a comunicare con me, si sono fatti il segno della croce invitandomi a fare lo stesso. In quel momento quel gesto tanto semplice mi è sembrata la cosa più naturale del mondo, l'unico mezzo per poter scampare all'immediato pericolo. Poi siamo ripartiti e fortunatamente siamo arrivati a destinazione senza nessun contrattempo. Ci sono paesi del mondo molto più arretrati e intolleranti del nostro in cui convivono etnie e religioni nettamente diverse tra loro. In altri purtroppo nel nome del proprio Dio si uccide e si muore. In Italia, semplicemente, si sta.
Alla fine non ho fatto le ripetute e sono tornata a casa con un pò di malinconia nonostante il sole.

martedì 22 gennaio 2008

Chi fermerà la musica?


Stamattina mi sono addentrata correndo, tra le nebbie di un fitto bosco di campagna. L'atmosfera irreale, il silenzio e l'umidità pungente hanno annientato per un attimo la mia percezione della realtà e allora l'ho fatto...ho messo a tutto volume una delle canzoni più mitiche e sottovalutate della musica italiana: "Su di noi" di Pupo. Ho corso, dopo, quasi un'ora e 20 minuti tutti in salita.
Nella botte piccola c'è il vino buono.

P.S. questa foto è stata scattata tra i templi dell'antica città di Ayutthaya durante un bellissimo viaggio in Thailandia. E' stato forse uno dei momenti più magici della mia vita e volevo fissare un ricordo perchè la felicità è solo un attimo.

domenica 20 gennaio 2008

Back again from nowhere


C'eravamo lasciati un anno fa in fase di allenamento per la Maratona di Roma ( la prima gara della mia vita!) e con un infortunio al tendine che minava questo pretenzioso obiettivo.
Per colpa di qualche strano intoppo tecnologico non sono riuscita ad accedere al blog per tutto questo tempo. Riassumo di seguito tutto quello, o quasi, che in 12 mesi mi è successo:
1. Maratona di Roma 2007 conclusa in 4 ore e 13 minuti; un'esperienza più unica che rara. Un'emozione indescrivibile che ripeterò anche quest'anno e i prossimi a venire.
2. Trasferimento a Milano per amore e per lavoro ; ho colto l'occasione per esplorare i tracciati meneghini e soprattutto l'estrema cordialità della sua gente!
3. Stramilano 2007 (21 Km) conclusa in 1 ora e 52 minuti; brutta e noiosa quindi forse mai più.
4. Avon Running (5 Km) tappa di Roma conclusa in 23 minuti e 45 secondi
5 Avon Running tappa di Milano conclusa in 22 minuti e 07 secondi e un quinto posto assoluto
6 Night Marathon di Jesolo conclusa in 3 ore e 53 minuti; yessssssss!
6bis Vacanza estiva in Brasile molto bella
7 Ritorno in pianta stabile a Roma e inizio di quel periodo cuscinetto da incubo in cui si cerca il lavoro della vita ma non si trova
8 12x1 ora di società a Roma conclusa con 28 giri e mezzo; prestazione deludente
9 Corriroma 11 Km conclusa in 58 minuti (un caldo e un'umidità da svenire)
10 Mezza maratona di Torino conclusa in 1 ora e 50 molto divertente
11 Deejay Ten conclusa in 46 minuti 21 secondi, mitica cami!
12 Qualità degli allenamenti elevatissima
13 Maratona a staffetta 8,5 Km di puro dolore
14 Mezza maratona di Civitavecchia conclusa in 1 ora e 51 e molto vento
15 qualche altra gara che non mi ricordo...
16 Maratona di Firenze (vedi post precedente)
17 Maratona di Milano la più brutta del mondo mi sono rotta un piede al 34esimo Km cmq la prestazione fino a quel momento era la mia migliore in assoluto
18 Inizio del periodo di riabilitazione piede non buono
19 Natale e capodanno a New York; fine della mia relazione con il fidanzato
20 L'anno nuovo inizia con i migliori propositi...
21 Corsa di Miguel 10,5 Km conclusa in 49 minuti;prima gara dopo l'infortunio molto soddisfacente
22 Perugia, il futuro? Di certo un'esperienza da giornalista poi si vedrà...
23 Domenica prossima Maratonina dei Tre Comuni, pregate per me!

LA CORSA DI MIGUEL 2008



LA POESIA DI MIGUEL
Per te, atleta
Per te che sai di freddo,
di calore,
di trionfi e di sconfitte,
che no, non lo sono.
Per te che hai il corpo sano,
l'anima larga e il cuore grande.
Per te che hai molti amici,
molti aneliti,
l'allegria adulta,
il sorriso dei bambini.
Per te che non sai né di gelo né di sole,
né di pioggia né di rancori.
Per te, atleta,
che traversasti paesini e città,
unendo stati nel tuo andare.
Per te, atleta,
che disprezzi la guerra e sogni la PACE.

FIRENZE MARATHON 2007: CRONACA DI UNA DELUSIONE DA CUI RIPARTIRE


La maratona di Firenze non è andata proprio come speravo. Ero partita con l'idea di scendere sotto le 4 ore puntando a 3'50" ma il destino era dietro l'angolo...
La gara è partita domenica mattina da Piazzale Michelangiolo con le meraviglie di una città ricca di storia ai suoi piedi, in un clima festoso e con un altissimo numero di partecipanti tra cui moltissimi stranieri da ogni parte del mondo. Il tempo ha risparmiato la pioggia lasciando un pò di umidità e una temperatura leggermente superiore a quella prevista. L'organizzazione perfetta, le bellezze paesaggistiche e il buon vino hanno contribuito affinchè le premesse per una bella competizione ci fossero davvero tutte...
Alle 9.20 allo sparo di via una fiumana di gente desiderosa di "fare il miglior tempo" o anche solo di portare a termine un'esperienza unica com'è quella della maratona, ha iniziato a correre attraverso i lunghi viali che dalle colline fiorentine scendono verso il centro storico della città. Io mi sentivo forte e tranquilla, felice d'intraprendere questa nuova avventura con una motivazione in più perché per la prima volta a vedermi c'era tutta la mia famiglia: genitori, fratelli, nipotini, fidanzato e amici sparsi nei punti strategici del percorso pronti a sostenermi e a fare il tifo per tutti! I primi 29 chilometri sono filati lisci come l'olio, puntuale come un orologio ho tenuto la media di 5'30" al chilometro facendomi trasportare dall'entusiasmo e dal calore di una Firenze inedita dove il protagonista, almeno per un giorno, era lo sport sano, il divertimento e l'aria pulita! L'entusiasmo per i maratoneti è stato costante sia per i top runners sia per chi ha finito in oltre 6 ore; applausi, cori, incitamenti, striscioni non hanno abbandonato mai il lungo corteo e di questo va reso onore a un pubblico eterogeneo e appassionato. Grazie a tutti!
Poi dal 30esimo chilometro si entra nel Parco delle Cascine per circa 9 chilometri: la temperatura improvvisamente cala e il tifo per un po' sparisce...sei solo con te stesso e con la voglia di finire. E lì è stata la crisi. All'improvviso al 31esimo km le gambe hanno smesso di girare e sono diventate dure come macigni, mancavano ancora 4 Km al ristoro e mi è stato impossibile continuare. Mi sono seduta sul marciapiede per quasi 20 minuti combattuta tra il dolore alle gambe e la voglia di non deludere tutti coloro che mi aspettavano festanti all'arrivo. Alla fine ha prevalso la forza e mi sono detta "anche camminando piano piano ma voglio finire!". Così mi sono alzata e improvvisamente ho ricominciato a correre.Ovviamente con un ritmo più blando, ormai non cercavo più il mio tempo, volevo solo finire.
I chilometri hanno cominciato a passare uno dopo l'altro sempre più faticosi: 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38...e poi ecco che dal 39esimo si torna in città sono gli ultimi chilometri, la gente ricomincia a tifare per te e non so come sono riuscita a dare tutto quello che avevo,le gambe hanno ripreso pesantemente a girare ma ero lì a un passo dalla fine! All'improvviso vedo mio padre tra la gente che mi sorride e mi grida di tenere duro, poi il mio fidanzato quasi commosso, poi i miei fratelli, i miei nipotini e gli amici che hanno preparato uno striscione con scritto "vai zia cami nun mollà!", poi mia mamma che tiene al guinzaglio il cane che quando mi vede mi salta addosso e poi eccolo lì... l'ultimo chilometro...
A quel punto è solo il corpo che va, non capisco più niente, la gente grida, c'è musica, c'è un entusiasmo che non ti molla e io corro con tutto il fiato che ho, con tutto ciò che mi resta perché so che lì tra 1000 metri ci sono tutte le mie speranze, i mesi di allenamento e la soddisfazione di chi non ti vuole campione ma solo partecipante!Giro l'angolo e finalmente...il traguardo!Alzo le braccia al cielo quasi a voler ringraziare la città per questa emozione indimenticabile che ha saputo regalare agli oltre 8000 partecipanti! La mia famiglia è tutta lì che applaude e mi abbraccia come se avessi vinto le Olimpiadi e io inebriata di felicità mi scordo di tutto: del 30esimo Km, della crisi, del freddo di quel marciapiede, dei crampi alle gambe, di ciò che sarà domani e anche di quelle 4 ore e 8 minuti in cui ho concluso la mia gara.
Quarantotto ore dopo arriva la delusione per un obiettivo mancato, le domande sul perché di tanto dolore, su cosa non ha funzionato: certo è che dovrò rivedere la mia preparazione, forse imparare a gestire meglio le energie, l'inesperienza si paga sempre ma da quella s'impara.
Firenze è stata dolceamara ma è una gara che, per chi non l'avesse mai fatta, consiglio vivamente per l'atmosfera e per la piacevolezza del percorso.
Arrivederci dunque alla prossima maratona in primavera!
Grazie a tutti quelli che anche da lontano mi sono stati vicini con sincera ammirazione o con ironia in questi lunghi mesi in cui sono cambiate le stagioni, le scarpe da running, le canzoni nell'i pod, i tempi di allenamento ma in cui di sicuro non è cambiata la voglia di correre oltre quel traguardo personale che è la vita!

P.S.
Colgo l'occasione per fare i miei più sinceri complimenti a una vera campionessa qual' è Ileana che ha portato a termine la sua prova nello straordinario tempo di 3 ore e 36. Spero un giorno di seguire i suoi passi...