venerdì 14 novembre 2008

Il gioco del mondo


Oltre quei 42,195 Km...la vita è ULTRA...
Vieni via con me perchè la strada o si odia o si OBama.


"Tu hai un buon karma
Mi disse la commessa del negozio dei tarocchi
Che in casa aveva un gatto con gli occhi dai colori differenti
E lo chiamava Bowie
Di origine persiana, come i tappeti sui quali Sherazade
Raccontava storie come fili di tappeti per volare, via da Baghdad
Mercato immobiliare in espansione
Per uno come me in cerca di attenzione
Così lasciai la sua casa e i suoi incensi purificatori
Perché mi stancai subito del mondo
Visto da fuori... visto dai libri... visto dal cine... visto dalla tv
Dal vero nonostante tutto lo amavo di più
Col puzzo e col profumo, la nascita e la decomposizione
Lanciai un altro dado per saltare un'altra posizione
Nel gioco del mondo, che non si vince mai
Mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai

Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori
Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori

Al confine tra il Pakistan e gli Stati Uniti
C'è un chiosco che vende documenti usati
Ne comprai uno di un vecchio sultano morto
Affogato nella cioccolata dell'uovo di Pasqua
Sciolto per il caldo del deserto e delle Cluster Bombs
Ci misi la mia foto e venni accolto ad un ricevimento
Alla Casa Bianca, lì riconobbi una mia vecchia fiamma
Che era diventata segretaria di un ministro
Lei non mi riconobbe col turbante e con il visto
La notte al letto disse che le ricordavo qualcuno
Che aveva conosciuto nel passato
Pazzesco come è strana la vita mi disse
Mi ricordi l'unica persona della quale sono stata innamorata
E che ormai è scomparsa per sempre svanita
Nel gioco del mondo, che non si vince mai
Mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai

Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori

Andando a visitare una mostra di un pittore
Che dipingeva i quadri col suo sangue e con la sua saliva
Entrai per caso in un salone di un altro pittore
Che invece dipingeva col sudore ed una tigre viva
Usando la sua coda come pennello, e il mondo come unico modello
Ci feci conoscenza e mi spiegò che non aveva mai studiato arte
Però comunicava con le bestie più feroci e sfidava la morte ad ogni pennellata
Mi regalò un suo quadro, che regalai ad una mia fidanzata
Che non riuscivo ad addomesticare, e adesso lei dipinge
Usando i suoi capelli come pennello
E la mia vecchia faccia come soggetto da reinterpretare
Mentre io sono andato ormai lontano
Mi trovo già in un'altra situazione
E lancio questi dadi, e avanzo, di qualche posizione
Nel gioco del mondo, che non si vince mai

Chi vuol restare fuori resti fuori
E alzino la mano i giocatori
Chi vuol restare fuori resti fuori
E alzino la mano i giocatori

Messico, distretto federale
Città di ventisei milioni di abitanti in cerca di un tesoro
La mappa è scritta in codice sugli scalini di Teotihuacan
Ma un incantesimo cancella il suo ricordo
Nel momento in cui si scende e si ritorna in centro
Eppure son sicuro che qualcosa mi è rimasto dentro
Che quando prendo l'auto ultimamente
Guardando il mondo dal retrovisore
Io vedo la mia vita che va via, e non mi fa paura
Anzi mi mette addosso un nuovo senso d'avventura
Avere un'altra faccia sulla nuca
Ha reso più complesso fare manovra
Però non son più solo e son contento
Da zero a dieci vale sempre cento
Tra pace e vento scelgo sempre vento
Scommetto sul futuro in espansione
E butto il dado e cambio posizione
Nel gioco del mondo, che non si vince mai
Mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai

Chi vuol restare fuori resti fuori
E alzino le mani i giocatori

Cercavo il regno dei cieli sulla terra,
Mi sono arruolato nella legione straniera
Per fare finta di avere un passato da dimenticare
Così sono finito a procurare le donne ai calciatori
In fuga dai ritiri
In cambio di ammirare i loro tiri da vicino
Per imparare l'arte della precisione
Unita alla velocità e alla strategia
Tutto condito con la fantasia
Che è quella cosa che non si può imparare
Però si può riuscire a risvegliare
Così a forza di guardare il pallone
Presi una decisione
E salii sul primo treno per un posto che iniziasse con la A
E piantai le mie tende in Algeria
Dove conobbi una nuova religione
Che ti imponeva un sacco di rinunce
Tranne di rinunciare alla paura
Che quella più ce n'era e meglio era
Ma grazie a Dio si fece presto sera
E m'infilai nel letto di un'eretica
Che mi scaldò col rogo dei suoi fianchi
E continuava a dirmi già mi manchi,
Perché sapeva che me ne sarei andato l'indomani
Perché più che una scelta è vocazione
A spingermi a lanciare un altro dado
Per avanzare di qualche posizione
Nel gioco del mondo, che non finisce mai, e non si vince mai
Mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai

Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori
Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori

Al bar c'era Giovanni l'ottimista
Si presentò e mi regalò il suo libro
Che regalai a mio padre nel giorno della sua prima comunione
Dicendogli di leggerlo come se fosse scritto in una lingua sconosciuta
Dove ogni lettera vuol dire sempre vita
In cambio lui mi regalò un cappello da Pinocchio
Che io indossai a una festa d'ambasciata
Dove incontrai la madre dei miei sette figli
Ognuno nato in un continente differente
Che si riunivano soltanto in occasione
Di qualche guerra o di un'inondazione
Oppure per comporre la canzone
Che si erano impegnati a registrare
Ma che ogni giorno continua a cambiare
E che nessuno riesce mai ad imparare per intero
E si ritrova immerso dentro a un coro
Dentro una sinfonia senza spartito
Che esprime come un senso d'infinito
Ma con un ritmo più che sensuale, più che sensuale, più che sensuale
Che fa venire voglia di giocare
Al gioco del mondo, che non finisce mai, e non si vince mai
Mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai

Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori
Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori

All'inizio era il caos
Dal caos presero forma i nostri denti
Fatti apposta per mordere mele
Le nostre braccia per tessere vele
E infine gli occhi per guardare l'orizzonte
Non accontentarsi di pensare che quello che non si vede non esiste
Che quello che non c'è non c'è mai stato
Di conseguenza neanche ci sarà
E questo non è vero
Per questo il nostro gioco non finisce
Per questo lo stupore è un demone che ti rapisce
Finché ci sta qualcuno che si affida all'intuizione
E getta un dado e avanza di un'altra posizione
Nel gioco del mondo, che non si vince mai, e non finisce mai
Mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai

Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori
Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori
Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori
Chi vuol restare fuori resti fuori,
E alzino le mani i giocatori
Al gioco del mondo"

venerdì 7 novembre 2008

Nuova Era


Sabato 1 novembre ho partecipato alla prima edizione della spirituale “corsa dei Santi”: una gara di 10,500 Km di beneficenza che partendo dalla Basilica di San Pietro percorre le strade di Roma attraverso i luoghi sacri del cristianesimo. E’ sorprendente come nel giro di 6 mesi, da quando è cambiata l’amministrazione comunale, siano state organizzate già ben tre competizioni podistiche di altissimo rilievo legate a importanti cause di solidarietà(Human Race, Run for Food, Corsa dei Santi) all’interno del centro storico, un perimetro che fino a poco tempo fa sembrava appannaggio esclusivo solo della Maratona. Potere della politica ma la cosa mi lascia, nonostante il piacere di potermi godere un po’ questa città senza macchine, assai perplessa…
Il ritrovo con la squadra era alle 9 non lontano dalla piazza più famosa del mondo: i miei compagni erano reduci da una trasferta a Istanbul che li aveva visti eroicamente protagonisti di una 15 Km alluvionata. Dopo i saluti e le operazioni di rito ci siamo avvicinati corricchiando verso l’arco di partenza proprio all’inizio di Via della Conciliazione. Devo ammettere che tutta quella moltitudine di gente in calzoncini che si scaldava tra le colonne di San Pietro era davvero suggestiva da vedere…e anche per me è stato assai emozionante correre sotto le finestre del Papa che ha salutato e benedetto noi irriducibili podisti.
I nomi dei top runners erano quelli delle grandi occasioni: Vincenza Sicari e Anna Incerti di ritorno dai giochi olimpici di Pechino e Daniele Caimmi, tra gli uomini, davano lustro a questa gara veramente molto partecipata e ben organizzata.
Alle 10.15 puntuali, in diretta anche su canale 5, è partito lo sparo di via e con lui una fiumana di gente che si è riversata in maniera un po’ troppo precipitosa sulle strade che toccavano le tre basiliche più monumentali di Roma (San Pietro, San Giovanni e Santa Maria Maggiore). A quell’ora, in una giornata di festa, il pubblico era davvero molto scarso e la corsa, nonostante fosse molto partecipata, appariva quasi silenziosa…Avevo detto e confermo che non amo queste gare così veloci ma quando c’è di mezzo un’occasione benefica e la possibilità di un percorso così straordinario, rinuncio a qualunque velleità competitiva, e mi godo la strada. O almeno ci provo. Perché in effetti mi sono fatta trascinare dal gruppo di testa e ho mantenuto un 3’55”– 4’ per i primi 4 Km per poi crollare miserevolmente a 4’15”-4’20” negli ultimi. Nonostante l’affanno e la strada non propriamente pianeggiante ho terminato la mia gara con un secondo posto di categoria in poco meno di 45 minuti. Una bella medaglia, un po’ di frutta e gli abbracci calorosi dei mie compagni hanno concluso una piacevole mattinata di sano sport.
Il giorno dopo ho corso in solitaria 30 Km all’interno di Villa Pamphili che era affollata come non l’avevo mai vista!Ho comunque tenuto un ottimo ritmo di 5’ al Km per tutto il tempo segno che le gambe, nonostante una maratona fatta solo una settimana prima, stanno bene e non si sono appesantite.
Questa settimana , causa trasferte di lavoro, non ho praticamente mai corso…Avevo programmato di fare un po’ di ripetute per creare un po’ di velocità in vista della maratona di Firenze il 30 novembre ma non ce l’ho fatta. Domani mattina proverò la titanica impresa della mia prima 100km a Tarquinia, campionati mondiali di Ultramaratona. Non ho intenzione di farla tutta, non ho l’allenamento né la testa né tutto sommato mi gioverebbe in questo momento. Ad accompagnarmi, come sempre, ci sarà Claudio anche lui temerario ultramaratoneta!Sarà, spero, un’esperienza completamente nuova ed entusiasmante!
Nel frattempo qualcosa, nel mondo è cambiato…il 4 novembre l’America ha scelto il suo nuovo Presidente. Barack Obama è ufficialmente il primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti e mi auguro sia una nuova boccata di ossigeno per l’umanità intera. E’ stato emozionante assistere alla fine di un’era che ha soffocato un po’ tutti e inquinato questo mondo di guerre, smania di potere, consumismo e odi razziali. Si cambia pagina. Mi auguro si torni a dare il giusto peso alla vita, a un sano progresso, alla democrazia, alle minoranze, all’uguaglianza, alla pace e soprattutto all’Africa.
E allora buon lavoro a Obama e che Dio benedica l’America che ogni volta c’insegna quanto questo paese contraddittorio e giovane sia però in grado, nei momenti più difficili, di stringere i denti, unirsi nella lotta e farci sperare ancora che cambiare si può.

martedì 4 novembre 2008

Yes, we can?




GO OBAMA GO GO!!!!!!

giovedì 30 ottobre 2008

Venice Marathon 2008...Out There




Il suono della sveglia, venerdì mattina, è rimasto nient’altro che un eco lontano…Avevo programmato l’ultima sgambata in vista della maratona di Venezia, la mattina prestissimo prima di prendere il treno che mi avrebbe portato nella città “galleggiante”ma, complice un po’di stanchezza fisica ma anche soprattutto una certa demotivazione mentale, mi sono girata dall’altra parte e ho preferito continuare a sonnecchiare ancora un’oretta. Questa defezione podistica mi ha però accompagnato durante tutte le 4 ore e mezza di treno che mi hanno separato dall’arrivo al Marathon Village nel Parco San Giuliano di Mestre dove ho ritirato il pettorale (F114) e curiosato tra gli stand che sono “ormai “sempre gli stessi. Quella corsetta insoluta mi era rimasta addosso come un fastidioso pensiero e volevo e dovevo farla. L’umore era ai minimi storici e avevo paura che,senza neppure uno scarico e dopo una settimana in cui non avevo corso praticamente mai, la maratona, che già affrontavo senza alcun obiettivo di tempo e di entusiasmo, si sarebbe rivelata poi un gioco al massacro. Ho raggiunto l’albergo dietro Piazza San Marco quando già il sole stava calando a picco nell’acqua che circonda questa città tanto magica quanto, a volte, ostile. Il primo impulso è stato quello di gettarmi sul letto e restarci fino all’indomani mattina ma sapevo che la mia testa non avrebbe retto a un’ennesima sopraffazione della pigrizia e quindi mi sono fatta forza e in 5 minuti ero già sulla Riva degli Schiavoni assaggiando, con due giorni di anticipo, alcuni dei famosi 14 ponti che caratterizzano gli ultimi km della maratona. Certo affrontarli a gambe fresche è una sensazione meravigliosa, soprattutto se a fare da contorno ci si mettono un tramonto spettacolare e la favola surreale dei palazzi e dei campielli veneziani. Avevo deciso di correre a ritmo blando per non più di 40 minuti ma poi i giardini della Biennale, i numerosi runners incrociati, gli scorci del quartiere Castello e le luci del Lido che si stagliavano in lontananza mi hanno ipnotizzato in quello che è per me il gesto atletico più affascinante che esista, per quasi un’ora e 15 minuti. Ma stavo benissimo, le gambe giravano che era un piacere, il fiato regolare, la mente leggera. Proprio l’iniezione di fiducia d cui avevo bisogno!
Sono tornata in albergo e dopo una bella doccia calda mi sono addentrata tra i le calli e i sotoporteghi del rione Dorsoduro dove ho cenato in un succulento ristorantino di pesce totalmente incurante della dieta da sportiva. Ormai avevo abbandonato qualunque velleità di risultato rispetto a questa gara che vedevo solo ed esclusivamente come propedeutica alla maratona di Firenze il 30 novembre prossimo. C’è da dire che in questi due mesi di preparazione non è che abbia fatto tanti allenamenti e soprattutto l’unico vero lunghissimo da aprile è stato la 30 Km di Ostia. Quindi non avevo proprio idea di come avrei potuto reagire al muro del 35esimo e questa cosa mi dava un grande senso d’irrequietudine unito al fatto che sarei stata completamente sola. A Venezia c’era anche Daniela mia grande amica dell’Elba e ottima corritrice ma era qui solo per farne un pezzo e senza obiettivi di ritmo e comunque la difficoltà maggiore era quella di riuscirsi a incontrare la mattina della gara. Con quasi 7000 partecipanti di cui più di 1500 stranieri, la Maratona di Venezia è ormai un appuntamento importante per atleti anche di altissimo livello che vengono a godersi le bellezze paesaggistiche e le difficoltà tecniche di un percorso che ha letteralmente due anime.
Il sabato è stato interamente dedicato alla visita della Biennale di Architettura, per me un evento ormai immancabile, che si è rivelata decisamente superiore alle mie aspettative. Sono uscita la mattina alle 9.30, dopo un’abbondante colazione in cui ho iniziato finalmente a caricare carboidrati (ma anche tanti grassi!), e ho camminato ininterrottamente tra i padiglioni dei giardini, l’arsenale, la maestosa chiesa di Santa Maria ai Frari, Palazzo Pitti, Campo Santo Stefano (suggestiva pausa pranzo sempre assolutamente non in linea con una sana alimentazione:mozzarella di bufala e pomodori), il quartiere dell’Accademia, il Ponte di Rialto, San Zaccaria e piazza San Marco, fino alle 18 quando con i piedi gonfi e i polpacci duri come marmo sono rientrata in albergo per riposarmi un po’ convinta di aver fatto la più grossa “ca…” che si posa immaginare prima di una gara così lunga. Però Venezia è Venezia…La cena è stata un momento piacevole e di relax: pesce alla griglia, patate bollite e biscottini. Poi la crisi. Rientrata in albergo sono stata colta a sorpresa da un disagio fisico tutto al femminile assolutamente imprevisto…A quel punto non ero neppure più sicura di presentarmi la mattina seguente sul nastro di partenza. Mi sono addormentata nervosamente e con la grinta di un bradipo.
Alle 5, tra dolori di pancia fortissimi e una lauta colazione che non riuscivo proprio a mandare giù, è iniziata l’avventura. Il viaggio per raggiungere Strà, la cittadina da cui parte la maratona, è lungo: 30 minuti di vaporetto e poi quasi un’ora di autobus in piedi stretti come sardine. Per fortuna la sorte ha voluto che io mi ritrovassi accanto a un delizioso medico chirurgo milanese che affrontava la sua prima maratona. I medici hanno sempre questo approccio tranquillo e lucido alle gare e, credo, in parte mi abbia trasmesso un po’di quel sano distacco emotivo di cui avevo proprio bisogno. I crampi allo stomaco però, quelli sono rimasti, via via sempre più violenti, le gambe gonfie…Ormai ero sicura: a 40 minuti dalla partenza avevo deciso di fare solo una parte della gara in tranquillità e poi ritirarmi. L’ennesima delusione, lo so. Ma ero proprio fiacca e demotivata. Sono entrata nelle gabbie di partenza con parecchio anticipo; ero molto avanti perché avevo un pettorale basso e mi sono ritrovata tra i pacemaker delle 3ore10minuti. Spostarsi indietro era impossibile così ho deciso di far passare la fiumana veloce e aspettare il gruppo di coda. Ovviamente con Daniela non siamo riuscite a trovarci ma confidavo di riuscire ad agganciarla in gara…me illusa…Allo start, tra musiche, urla e in bocca al lupo, l’ondata anomala di runners è partita e io sono stata trascinata senza riuscire ad aspettare i più lenti. Il ritmo iniziale è stato quindi velocissimo e mi sono ritrovata al quinto km che andavo a una media di 4’40” assolutamente senza senso. Ma stavo, tutto sommato, bene e pensando di farne solo metà ho deciso di non rallentare. A quel punto,levata ogni velleità di arrivo, ero molto più leggera e sollevata e ho lasciato girare le gambe che, effettivamente, andavano che era un piacere a guardarle. Il paesaggio intorno, tra le rive del Brenta e le Ville Palladiane, poi era talmente mozzafiato che sono arrivata al 21esimo senza neppure accorgermene grazie anche alla tanta gente intorno che faceva il tifo con grande gioiosità. E incredulamente ho passato il crono della mezza in meno di 1ora40minuti. A Torino ci ero arrivata in 1ora43 minuti quindi ero sicura che da lì a breve sarei entrata in crisi. Ma ero serena, nessuno mi obbligava a finire e così ho deciso di continuare finchè ne avessi avuto nelle gambe. E quelle andavano veloci, senza fatica. Da quel punto si entra nella zona di Porto Marghera e lì soffia un vento forte e contrario e il paesaggio si fa desolante…Ma continuavo a tenere un ritmo di 4’45”senza alcuna difficoltà. Mano a mano che il percorso si snodava mi accorgevo di superare sempre più donne e soprattutto della grande quantità di podisti che via via stava rallentando o addirittura camminando. L’entrata nel Parco San Giuliano ha rappresentato il primo e unico piccolo momento d’insicurezza: ci si arriva al ventinovesimo Km e si devono percorrere tre giri da 1 Km di saliscendi continuo. Venezia da lì sembra ancora un miraggio, il caldo iniziava a farsi sentire così come una leggera stanchezza mentale. Però fortunatamente anche lì la parte del leone l’ha fatta la gente e soprattutto le centinaia di bambini che ci hanno incitato a non mollare! A quel punto arrivare fino alla fine mi sembrava la cosa più naturale del mondo…ero ancora freschissima e improvvisamente motivata. Il tempo era sbalorditivo, se avessi continuato a quel ritmo avrei chiuso in 3ore 22minuti siglando il mio personale su un percorso che è considerato a furor di popolo abbastanza lento. Poi è arrivato il Ponte della Libertà, il famigerato muro quasi per tutti: 4 km lunghissimi e infiniti con il vento a sfavore e il campanile di San Marco lontanissimo a ricordare che al traguardo mancano ancora quasi 10 km…Personalmente a me questo rettilineo sospeso sulla laguna è servito per innescare quello strano meccanismo di alienazione che riesco ogni volta a ricreare quando “sono” nella gara. Ho staccato tutto e, senza neppure provare a forzare, mi sono tenuta quello che avevo. Lì i ritiri sono stati tantissimi.E’ impressionante come la metà esatta degli atleti presenti camminasse invece di correre. Se ci arrivi stanco è la fine. A Venezia ci torni in gondola! E poi eccola…la salita di piazzale Roma e giù verso la riva che costeggia le Zattere. Da lì la gara è finita. Sprint per fare una volata finale non ne avevo anche perché mancavano ancora i 14 ponti, però stavo alla grande e mi sono fatta portare da queste gambe ingombranti ma forti come il marmo che ho. Quante volte guardandole allo specchio le ho odiate:perché sembrano quelle di un uomo, perché sono toste, muscolose, aggressive. E invece ecco che adesso sono qui a ringraziarle e a concedergli un po’ di meritato riposo. Grazie gambe mie perché tante volte quando la mia testa gridava basta siete state proprio voi a trascinarmi fino alla fine e a regalarmi quella sensazione irripetibile di aver tagliato l’ennesimo traguardo.
Poi arriva la curva della Salute e…eccolo lì…surreale e imponente il ponte di barche che conduce a Piazza San Marco. A quel punto è la folla, letteralmente, che grida e incita e capisci di avercela fatta: i ponti scorrono incomprensibili e faticosi uno dopo l’altro, ma non senti più niente. Spingi il cuore e vai fino alla fine lungo quella riva sul mare d’inverno che è lì solo per te. Vedo mio padre quando mancano 200 metri, percepisco la sua faccia incredula. Neanche lui si aspettava una simile prestazione. L’ultimo allungo e taglio il traguardo con le braccia al cielo. 3ore25minuti.
Doveva essere una débacle, si è tramutato in un successo. Complimenti a me perché riesco sempre a trasformare delle brutte sensazioni in qualcosa di positivo. Metto da parte paure e insicurezze e mi godo la magia della corsa. Quella magia che ritrovo ogni volta che infilo le scarpette la mattina all’alba senza sapere quando e dove arriverò.
Dopo è stata una grande festa…Daniela ha chiuso accompagnando un suo amico ed è stata una gioia poterla rivedere e riabbracciare. Ho incontrato anche Roberto che ha centrato uno strepitoso 3ore13min!Poi la medaglia, i complimenti, la doccia, la valigia, un ultimo giro tra le calli di questa città che profuma d’antico e via…di nuovo verso casa. Per la prima volta senza neppure un briciolo di stanchezza né un dolore né quella strana sensazione di galleggiamento che si ha sempre dopo una gara tanto lunga e impegnativa. Zero. Pazzesco…e su questo fioriscono i dubbi: ma allora fino a dove può spingersi il mio fisico?Dov’è il limite?
Lunedì mattina già correvo, un leggero scarico giusto per dare un po’di ossigeno alle gambe che giravano come ruote impazzite morbide, veloci, voraci. Adesso la mia testa è proiettata alla 100 km…sabato 8 novembre l’Ultramaratona degli Etruschi. Ci provo, cerco di farne almeno un pezzo per vedere com’è abbattere quel muro che fino a poco tempo fa mi sembrava invalicabile.
La chiave è tutta in un’alchimia incomprensibile di forza, concentrazione e, per quel che mi riguarda, straordinaria passione per la corsa. La strada sarà lunga ma adesso non fa più paura. Ti ho ritrovata ancora più bella e generosa di quando ti avevo lasciata. E ti dedico una canzone.


“A te che sei l’unica al mondo
L’unica ragione per arrivare fino in fondo
Ad ogni mio respiro
Quando ti guardo
Dopo un giorno pieno di parole
Senza che tu mi dica niente
Tutto si fa chiaro
A te che mi hai trovato
All’ angolo coi pugni chiusi
Con le mie spalle contro il muro
Pronto a difendermi
Con gli occhi bassi
Stavo in fila
Con i disillusi
Tu mi hai raccolto come un gatto
E mi hai portato con te
A te io canto una canzone
Perché non ho altro
Niente di meglio da offrirti
Di tutto quello che ho
Prendi il mio tempo
E la magia
Che con un solo salto
Ci fa volare dentro all’aria
Come bollicine
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore
A te che io
Ti ho visto piangere nella mia mano
Fragile che potevo ucciderti
Stringendoti un po’
E poi ti ho visto
Con la forza di un aeroplano
Prendere in mano la tua vita
E trascinarla in salvo
A te che mi hai insegnato i sogni
E l’arte dell’avventura
A te che credi nel coraggio
E anche nella paura
A te che sei la miglior cosa
Che mi sia successa
A te che cambi tutti i giorni
E resti sempre la stessa
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Essenzialmente sei
Sostanza dei sogni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che non ti piaci mai
E sei una meraviglia
Le forze della natura si concentrano in te
Che sei una roccia sei una pianta sei un uragano
Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano
A te che sei l’unica amica
Che io posso avere
L’unico amore che vorrei
Se io non ti avessi con me
a te che hai reso la mia vita bella da morire, che riesci a render la fatica un immenso piacere,
a te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande,
a te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più,
a te che hai dato senso al tempo senza misurarlo,
a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore,
a te che sei, semplicemente sei, sostanza dei giorni miei, sostanza dei sogni miei...
e a te che sei, semplicemente sei, compagna dei giorni miei...sostanza dei sogni miei...”

mercoledì 22 ottobre 2008

La stagione dell'amore viene e va


E improvvisamente è arrivato l’autunno…
Sono un po’ sparita con pensieri e parole perché sono successe tante cose in maniera così rapida e confusa che non ho avuto ancora neppure il tempo di metabolizzarle e renderle mie.
Dopo un’estate che ricorderò quasi esclusivamente per il caldo torrido e la pochissima voglia di correre ma anche per il sorriso incoraggiante di Fulvio e dei miei compagni dell’Elba, la nuova stagione si è aperta con una serie inaspettata di successi che mi hanno caricata a molla e regalato un nuovo entusiasmo che, a dirla tutta, avevo un po’ perso.
Certo è che non sono più il ghepardo di una volta: la scelta d’intraprendere una “carriera” da maratoneta ha avuto il suo peso sulle prestazione di velocità e quindi adesso i tempi delle 10 km (che ho deciso di abbandonare per un po’) e delle mezze si sono decisamente alzati. Si è vero c’è l’exploit incredibile della Human Race (40'46") ma quella è stata l’alchimia perfetta di una serata romana indimenticabile. Una sorta di stato di grazia che non credo avrò più il modo di sperimentare.
Comunque in tre settimane mi sono rifatta, insieme all’inseparabile Claudio che ha deciso anche lui di ricominciare a far girare quelle gambette da donna che si ritrova, di tutti quei chilometri di strada che mancavano alla mia vita. A cominciare dalla bella mezza maratona di Sabaudia in una torrida domenica di fine settembre in cui mi sono presa senza troppa fatica (chiudendo tranquillamente in 1h39minuti), su un lungomare laziale assolutamente mozzafiato ma non privo d’insidiose salitelle, un insperato secondo posto di categoria insieme a una scorta inesauribile di formaggi e altri prodotti del territorio!
Nel frattempo gli allenamenti sono ripresi più o meno costanti tra fondo e ripetute per un totale che si aggira adesso intorno ai 60-70 km a settimana che gestisco senza grosse difficoltà.
La domenica successiva però è arrivato come un fulmine a ciel sereno il vero momento di gloria di questa stagione podistica autunnale: un po’ per gioco un po’ per curiosità io e Claudio abbiamo deciso d’iscriverci alla Roma No Limits, un’assurda maratona di sopravvivenza che si snoda su 23 km di percorso insidioso all’interno della meravigliosa riserva naturale del lago di Anguillara e Martignano. Una prova di resistenza fisica che presenta prove quasi militaresche:guado del lago, arrampicata su rocce, attraversamento del fuoco,cancelli, salti nel vuoto, ponti tibetani sospesi nell’aria, passaggi strisciando sottoili spinati tra fango e sassi, lanci con la fune, sabbie mobili e chi più ne ha più ne metta. Una sorta di vera e propria gara di sopravvivenza in cui però oltre alla resistenza podistica (perché comunque sempre per 23 km quasi tutti in salita e su terreni accidentatissimi bisogna correre e anche un po’ veloce) era necessaria una buona dose di atleticità, coraggio e sana follia. Sono partita con una sorta di scetticismo per la paura di farmi male ma anche una buona dose d’incoscienza che mi ha fatto riscoprire un lato assolutamente battagliero di me che credevo perduto. Mi sono buttata in quest’avventura con una grinta e una tenacia che mi ha quasi sorpreso e mi ha concesso il lusso e l’onore di arrivare (merito anche di un miterioso belloccio che ha accompagnato sia fisicamente ma molto più mentalmente i mie sogni amorosi) completamente ricoperta di fango, lividi e graffi,seconda donna assoluta superando di gran lunga atlete dell’Esercito molto più forti ed esperte di me e di vincere una favolosa camel bag che sicuramente mi tornerà utile quando deciderò di correre la 100km del deserto. Una giornata di puro divertimento che mi ha distratto, almeno per una volta, da quella sensazione quasi meditativa che caratterizza invece le gare su strada. Anche Claudio ha chiuso con merito e con tanta, tantissima terra su qualunque angolo della pelle!
E poi la 30 km di Ostia, primo test per me su una lunghezza importante e anche unica in vista della maratona di Venezia che mi vedrà protagonista domenica 26 ottobre insieme alla piccola Daniela, mia straordinaria compagna di Pisa. La maratona del mare siè svolta in un clima rilassato in una giornata che assomigliava molto più a una mattinata di Luglio che a qualcosa di simile all’autunno. Alla partenza c’erano già quasi 27 gradi e io, per sdrammatizzare un po’ la tensione del lungo, ho avuto la brillante idea di correrla con un grembiule da cucina offerto da uno degli sponsor. Me misera! Perché il simpatico indumento col trascorrere delle ore di è appesantito dell’acqua degli spugnaggi assumendo la consistenza e il calore di una coperta termica che mi ha fatto arrivare alla fine con una media puntuale di 4’58” al Km sudata come un pesce scongelato e con una bella piaga dietro al collo. Cmq ho avuto il piacere di ritrovare, a distanza di quasi un anno, dei vecchi compagni di allenamenti di Villa Glori ed è stata una gioia poter condividere con loro progressi e attimi di vita.
Gli allenamenti settimanali sono continuati senza rilevanti miglioramenti né variazioni (nonostante una piacevole visita del mio coach Fulvio che ha fatto un saltino nella capitale per valutare "lo stato dei lavori" e condividere un’ottima cena con noi romani) e di questo pagherò le conseguenze a Venezia. Non ho lavorato assolutamente sul ritmo. Mi sono fissata sulle ripetute brevi e lunghe pensando che mi fossero utili per dare velocità alle gambe ma senza tenere conto che una maratona si vince con la testa e con la regolarità, non con le corse a perdifiato. Vabè mi rifarò a Firenze, spero, a fine Novembre mio vero obiettivo di stagione.
Week end scorso poi ultimo test un po’senza logica: sabato ho corso una frazione della terribile maratona a staffetta che ogni anno vede tutte le società podistiche romane scontrarsi su un percorso da incubo all’interno di Villa Borghese. Devo ammettere che proprio non è la mia gara. L'idea è quella di correre a manetta per poco meno di 10 km su un circuito che si ripete due volte in cui di pianura non c’è neppure l’ombra. Cmq nonostante una mia prestazione decisamente molto sotto le aspettative, abbiamo conquistato per la prima volta il quindicesimo posto assoluto e il record di Società. Va dato merito agli altri frazionisti(Marco C., Roberto e Piero) tra cui in particolar modo Marco Giovannini che sta attraversando una fase di forma davvero strepitosa! Un bel pomeriggio di sport e solidarietà di squadra che ritempra lo spirito e dispensa sorrisi che scaldano un po’ il cuore.
Il giorno dopo ho voluto tentare l’impresa di ripetere un buon risultato a Latina nella sua ormai sempre più partecipata mezza maratona. Una gara sottovalutata che è invece molto piacevole primo per la facilità del percorso quasi prevalentemente pianeggiante e poi per l’ottima organizzazione che accompagna gli atleti dall’inizio lla fine. Prestazione deludente e vistoso calo mentale. Proprio quello che non ci vuole una settimana prima di una maratona che adessovedo avvicinarsi giorno dopo giorno con sempre più ansia e paura.
E’ la prima volta che provo queste sensazioni spiacevoli a ridosso di una maratona, una tipologia di gara che sembrerebbe essermi stata cucita addosso. Mi auguro solo che le meraviglie di Venezia con i suoi ponti, il Canal Grande, i calli, i palazzi affrescati dal Tiepolo, le gondole e le migliaia di turisti sappiano tirar fuori quella stessa grinta e voglia di divertimento che ho riscoperto alla No Limits. Se così non dovesse essere cercherò comunque di portare a casa un tempo dignitoso senza tirare troppo.
Improvvisamente è arrivato l’autunno. Anche se le giornate sono ancora lunghe, il sole è alto e caldo e la mattina Villa Pamphili è morbida e accogliente come nei mesi passati. Ma qualcosa, silenziosamente, comincia a cambiare. E’ ancora impercettibile, forse è solo un pallido bagliore però è ormai tempo di una nuova stagione. Perchè i desideri non invecchiano, quasi mai, con l'età...

giovedì 11 settembre 2008

Un giorno perfetto

...per noi che riusciamo a vedere con le gambe ciò che è invisibile agli occhi...



mercoledì 10 settembre 2008

9 settembre 1998


Amarsi un po'
è come bere
più facile
è respirare.
Basta guardarsi e poi
avvicinarsi un po'
e non lasciarsi mai
impaurire no, no!
Amarsi un po'
è un po' fiorire
aiuta sai
a non morire.
Senza nascondersi
manifestandosi
si può eludere
la solitudine.

Però, però volersi bene no
partecipare
è difficile
quasi come volare.
Ma quanti ostacoli
e sofferenze e poi
sconforti e lacrime
per diventare noi,
veramente noi
uniti
indivisibili
vicini
ma irraggiungibili.

Però, però volersi bene no
partecipare
è difficile
quasi come volare.

Per diventare noi,
veramente noi
uniti
indivisibili
vicini
ma irraggiungibili...

giovedì 4 settembre 2008

Rosso di sera bel tempo si spera








The Human Race 10 Km - Rome 31 August 2008
40 minuti 46 secondi con tutto il cuore che avevo...


"Ha lo sguardo del leone ferito, Stefano Baldini. Che non fosse esattamente il suo anno, lo si era capito ben presto, da quella maledetta maratona di Londra che gli aveva lasciato in tasca tanta amarezza e una frattura da stress alla tibia. Ma un campione olimpico, il campione della maratona delle maratone, quella di Atene, non può arrendersi. Deve onorare gli dei e gli uomini per quella sera dello stadio Panathinaikon che non è solo un premio conquistato, ma un dono ricevuto. E Stefano non ha mollato: ha sudato, faticato e lavorato per arrivare a Pechino in condizione degne del campione dei campioni. Ma proprio in Cina un minuscolo flessore ha fatto crack. Stefano ora è fermo, essere alla partenza di quei 42 chilometri e 195 metri sarà come vincere un altro oro: l'orgoglio c'è, la testa c'è, il cuore è grande così, i muscoli fragili come la speranza. Sicuro che Baldini al via di quella che sarà l'ultima maratona della sua carriera ci sarà. Per rendere omaggio a Olimpia e al suo erede. E noi ci saremo sempre e comunque: non per gioire per l'oro come quattro anni fa, ma per onorare un campione grande, e non solo sul gradino più alto del podio."

giovedì 28 agosto 2008

Siamo noi che abbiamo tutto da vincere o tutto da perdere



La sveglia è suonata presto sabato mattina per chi, come me, aveva deciso di raggiungere l’Elba con i potenti mezzi pubblici. Tutto quello che mi ricordo del lungo viaggio che mi ha separato dall’arrivo nello splendido golfo di Lacona, è il volo dei gabbiani sulla nave. Soavi, bellissimi si libravano in aria come un presagio della leggerezza che avrebbe caratterizzato una delle settimane più vere e divertenti che abbia mai trascorso.
Avevo sentito parlare per la prima volta dei Training Holidays alla Maratona di Firenze lo scorso novembre ma poi come spesso succede a seguito di una forte delusione, avevo accantonato il tutto in qualche angolo remoto della mente. Poi agli inizi di agosto ecco la folgorazione: ricominciare a correre e ricominciare cercando, questa volta, di farlo bene. Ero reduce da una stagione sorprendente e ricca di soddisfazioni: due maratone e quattro mezze di quelle che ti fanno venire i brividi. L’inaspettato che si avvera, le gambe sempre più veloci, gli sforzi, per una volta ripagati e la facilità con cui tutto ciò era accaduto. E poi il buio, l’apatia, il male, la crisi...
Ma la corsa era sempre lì, in quello spazio pulito del cuore a cui sapevo di poter tornare quando sarei stata pronta a farlo con meno voracità, con una maturità e consapevolezza di cui sentivo di avere disperatamente bisogno…
E allora Fulvio, l’Elba, una settimana tutta mia dove potermi dedicare senza paure né rimorsi a quella passione faticosa e sincera che mi ha completamente travolto.
Ero incuriosita all’idea di frequentare 20 ore su 24 (veramente!) altri “malati” di corsa come me ma malati sani, come li chiamo io, perché se decidi di buttarti tra le braccia di Fulvio è perché non hai più voglia o forse mai l’hai avuta, di farti male. Ma ero anche leggermente angosciata dall’idea di trovarmi accanto a dei fenomeni della strada a cui sarei dovuta stare dietro con la lingua di fuori e i muscoli in panne.
Al mio arrivo nell’accogliente Hotel Lacona vengo ricevuta da Claudia, una giovane e meravigliosa psicologa di Milano nonché ottima corritrice che affianca noi runners in quello che è forse uno dei percorsi più difficili: la consapevolezza di sé nella corsa ma poi di fatto anche nella vita. M’informa accuratamente di quelle che saranno tutte le attività da svolgere ( ma davvero facciamo tutta sta roba in una sola settimana?), mi consegna materiale tecnico e didattico e mi dà appuntamento dopo poco per la baropodometria (che???????). Entro un po’ perplessa e sperduta nella grande sala che poi sarebbe diventata la nostra aula di lezioni teoriche giornaliere e vedo Fulvio: la faccia di chi la sa lunga sulla vita, quel sorriso beato di chi non ha più nulla da dimostrare e si gode i piaceri più semplici e puri senza scorciatoie, senza finzioni. Sono molte le persone che mi colpiscono e mi affascinano, poche però quelle di cui ho realmente stima. Ecco Fulvio è una di quelle persone che stimo, come uomo e come professionista (salvo qualche piccola dèbacle di stretching in mezzo alla strada ma fa niente!).
Dopo i vari test finalmente arriva: l’incontro con quelli che diventeranno per una settimana o forse per sempre i miei compagni di avventura: la mia piccola grande Daniela (Pisa), il tenero Gigi una vera forza della natura dalle gambe grasse (Uliveto), Marzia che batte sempre Ivo e le loro splendide figlie (Brescia), Lorenza l’inarrestabile (provincia pavese scusa non mi ricordo il paeseeeeee), la dolce Sofia candido ritratto dei 18 anni, Marina la forza (Milano) di Riccardo e Anna, la simpatia travolgente di Sabrina e Simone (la fagiana con salsiccia non la scorderò mai!, Empoli), Fazio detto Porzio e le sue teorie sulle cose (Terni), Corrado che ha ritrovato la strada di casa (Milano), Roberto che correndo sa parlare di sé, di sua moglie Sara e del piccolo Lorenzo ( Castelfranco Veneto) , Elena con il suo sorriso contagioso (Varese), Paolo che viene dal mare, Stefania cuore di Roma (ma chi ci crede????) affiancata dall’affascinante Prof. Patrizia. Un elenco di nomi che per me sono diventati amici, eroi di quel nostro piccolo mondo fantastico che è stata l’Elba.
Non so se sia stata l’aria frizzante che soffiava dal mare, il sorriso incoraggiante di Fulvio, la corsa sulla spiaggia alle sette di sera. So solo che la sintonia che si è creata in questo pazzo gruppo di uomini e donne è stata immediata, come un fulmine, un’abbagliante immagine che sin da subito ha reso naturale e divertente qualunque momento trascorso insieme. Giuro che erano anni che non ridevo così tanto: quella risata verace che ti viene quando ti scordi di tutto, quando l’unica cosa che conta è essere esattamente lì dove e con chi sei.
La settimana è letteralmente volata tra gare (e che risultati ragazzi!!!), filmini in commentabili sulle nostre tecniche di corsa, lezioni e consigli sull’alimentazione, l’allenamento, le tecniche di rilassamento, il potere e l’importanza della mente, ripetute, test di Conconi (a proposito complimenti per il gran bel pezzo di figliolo!!!), strampalati test chinesiologici, gite in bici, in kayak, miniere, delfini, spiagge mozzafiato, corse in salita, discese, fotografie ininterrotte, riscaldamenti, stretching, esercizi di ginnastica, di respirazione, colloqui con Claudia e con Fulvio, ma soprattutto le barzellette di Fulvio e il suo inseparabile rosmarino, colazioni, pranzi, cene. E mai c’è stato un attimo di noia, di fatica, di abbandono o di silenzio…
Al di là dell’evidente “educazione” allo sport e miglioramento sotto il profilo della consapevolezza delle proprie capacità tecniche e psicologiche, la cosa che porto nel cuore di questa vacanza è stata la spontaneità e il fluido e ininterrotto circolare delle idee: ognuno di noi ha saputo regalare, chilometro dopo chilometro, una parte profonda e spesso fragile di sé, un’appartenenza regionale, un obiettivo futuro, una delusione, un sogno, una storia. La propria storia.
Quando sono arrivata non avevo più ben chiaro quale fosse il motivo per cui avevo iniziato a correre né tantomeno perché continuassi a farlo. Adesso lo so: corro per stare bene ma anche perché la corsa siamo noi. Nessuno si senta escluso.

venerdì 8 agosto 2008

Olimpiadi di Pechino, finalmente si corre.


"Finalmente si pedala. Finalmente si duella. Finalmente ci si batte sul tatami e non tra le quinte della politica, del nazionalismo e dell'economia, negli uffici delle multinazionali che sponsorizzano i Giochi o nei corridoi delle federazioni sporive internazionali.
Lo yin dei veleni globali, delle polemiche libertarie e degli scandali olimpici passano il testimone allo yang dell'agonismo, delle sfide sportive, delle competizioni che resteranno imperiture nella memoria del grande sport. E' il momento della rivalità, della passione,del talento.
I cinesi sostengono che il movimento debab essere vissuto come un'arte e ogni istante come un'intensa presenza.
Qi gong, la padronanza del soffio.
Che i Giochi di Pechino siano lievi come il soffio che genera l'energia dei corpi..."

lunedì 4 agosto 2008

La Speata 2008, una corsa da matti!




A Subiaco, località collinare dell’entroterra laziale, sono legata per ragioni sentimentali da molti anni e tornarci ieri per affrontare la tanto famigerata Speata è stata una piacevole emozione.
La gara in questione percorre per intero la ripidissima strada che dal centro di Subiaco sale, senza tanti sconti, su fino a Monte Livata.
Il dislivello è di circa 850 metri da percorrere correndo per 12 Km attraverso una serie infinita di tornanti che scandiscono un paesaggio montano davvero mozzafiato.
Ero un po’ scettica all’idea di gettarmi in questo tipo d’impresa un po’ folle soprattutto considerato il caldo asfissiante che in questi giorni caratterizza questa stanca estate. Ma l’entusiasmo con cui la descrivono i “veterani” e la cospicua partecipazione di atleti della mia squadra, mi hanno alla fine dato la motivazione in più che mi mancava. Unica defezione degna di nota l’assenza di Claudio con cui avevo previsto di fare poi nel pomeriggio uno dei nostri soliti lunghetti in versione light (circa 25 Km).
Siamo partiti dalla stazione di Piramide alle 7.30; il sole batteva alto nel cielo e la temperatura a quell’ora sfiorava già i 31 gradi centigradi!!! Dopo circa un’oretta di macchina con l’aria condizionata che nascondeva la temperatura infernale esterna, siamo arrivati a Subiaco.
La strada era già stracolma di runners che si scaldavano e scambiavano i soliti consigli pre-gara. Sinceramente dato il periodo festivo non mi aspettavo di vedere così tanti partecipanti a quella che ho scoperto essere una delle gare più amate e ambite dalle società podistiche laziali!
Al nastro (ma quale nastro???) di partenza c’erano nomi anche di un certo rilievo segno che, nonostante l’impegno e l’atmosfera molto casareccia, questa corsa è considerata un ottimo allenamento in previsione della lunga stagione agonistica autunnale.
Quando ho visto la salita che dà il via alla Speata , sinceramente, mi sono spaventata. Un tornante lunghissimo con pendenza del 18% e da lì per i primi 4 Km non c’è alcuna variazione. Puoi solo puntare le scrpe e andar su. Mi ritengo una corritrice, nel mio piccolo, abbastanza forte nelle salite perché tra Via Dandolo, Villa Pamphili e l’Umbria le occasioni non mi mancano e quindi non pensavo di avere tutte le crisi che successivamente mi hanno afflitto…
La prima salita era così ripida che non mi era neppure ben chiaro quale fosse la tecnica di appoggio del piede per poterla affrontare senza saltellare inevitabilmente sul posto! Molt runners più esperti mi hanno rassicurato dicendo che la maggior parte dei partenti all’inizio cammina. Ero comunque perplessa.
Ci siamo avvicinati alla linea che segna presumibilmente la partenza con un sole che bruciava la testa e la pelle: mi sono chiesta se non avessi fatto meglio a indossare un cappello per evitare un colpo di calore? Troppo tardi.
I pirmi 100 metri sono passati lisci come l’olio, ecco appunto proprio solo i primi 100 metri…i polpacci hanno iniziato a farmi male praticamente subito, il cuore è sbalzato a mille dopo neppure un minuto, il fiato…dov’era il fiato? Panico. Già al secondo tornante ero tentata di abbandonare, per la prima volta nella mia vita podistica mi sono chiesta “ma chi cavolo me l’ha fatto fare?”. In quel momento mi è sembrato che correre così fosse più un dispiacere che altro. Mi girava la testa da morire e come sempre mi succede quando vado in affanno (rarissimamente) mi è venuto mal di stomaco e all’altezza del quinto chilometro mi sono dovuta fermare per rimettere.
Il ritmo era ovviamente bassissimo ma non è certo una gara in cui si possano fare tempi paragonabili a quelli della corsa su strada, è una di quelle gare “tanto per finirle”. Ecco io non vedevo proprio l’ora di finirla…Il panorama però era davvero meraviglioso: man mano che salivamo su verso la cima del monte, le vallate verdissime del Parco Naturale dei Monti Simbruini si estendavano a perdita d’occhio alleviando almeno un po’ sforzo e fiatone. Correndo in salita a quella pendenza mi sono resa conto che il mio non era assolutamente un problema muscolare ma quanto mai mentale. Quel tipo di andatura e di gesto atletico presuppone un controllo precisissimo e calibrato del proprio corpo, una conoscenza di sé e una capacità di tenuta di testa che io ancora non ho. E’ evidente. Però mi è servito per capire che a volte degli ottimi risultati si raggiungono non solo con un allenamento fisico ottimale ma anche con una straordinaria concentrazione e determinazione.
Alla fine i chilometri sono volati via tra lunghi tratti di camminata e altri di corsa veloce, una tecnica devastante che, ho capito, non fa per me. Comunque ho tagliato il traguardo con un sesto posto immeritatissimo tra gli applausi davvero calorosi del pubblico che divertito ha preso parte a una giornata che è stata per tutti una grande festa e una golosa occasione per conoscere paesaggi e prodotti tipici del territorio.
Per tornare ai parcheggi abbiamo rifatto con un pulmino la strada in discesa e ho capito che i runners, in fondo, sono tutti un po’ matti: molti dei partecipanti alla gara hanno preferito scendere a valle correndo portandosi appresso le bottiglie di vino vinte, i pacchi di pasta e una marea di cibarie che a guardarli così da fuori sembravano degli alberi della cuccagna viventi in fast motion!
Un’esperienza che, nonostante lo sforzo per me davvero impegnativo, ricorderò volentieri anche per la nostalgia di luoghi in cui un tempo avevo creduto di poter restare per sempre…
Nel pomeriggio avevo in programma il lunghetto con Claudio per le strade di Roma ma un piccolo “intoppo” all’attaccatura del tendine fantasma (ah ah ah ah ah!!!) lo ha trasformato in 8 Km di risate e congetture sull’impresa titanica che ci vedrà , spero, protagonisti a maggio del 2009…(resterà nei secoli il mio commento su un neonato tricologicamente ben fornito che dormiva beatamente cullato dalla mamma che a prima vista mi era sembrato delizioso ma avvicinandomi l'unica cosa che sono riuscita a dire è stata: "com'è scuro...di capelli!questo bambino!"...una figura plateale).
Sono andata a dormire con quella stanchezza meravigliosa che solo la corsa ti lascia addosso, quella consapevolezza di aver comunque attraversato dei luoghi, dei volti, dei momenti solo con la forza delle gambe. Quella forma del bello che assomiglia alla corsa.



E le mie gambe han camminato tanto
E la mia faccia ha preso tanto vento
E coi miei occhi ho visto tanta vita
E le mie orecchie tanta ne han sentita
E le mie mani hanno applaudito il mondo
Perchè il mondo è il posto dove ho visto te
Dove ho visto te
E le mie ossa han preso tante botte
E ho vinto e perso dentro tante lotte
Mi sono steso su mille lenzuola
Cercando il fuoco dentro una parola
E le mie mani hanno applaudito il mondo
Perchè il mondo è il posto dove ho visto te
Dove ho visto te
E c'è una parte dell'America
Che assomiglia a te
Quei grandi cieli senza nuvole
Con le farfalle e con le aquile
E c'è una parte dentro all'Africa
Che assomiglia a te
Una leonessa con i suoi cuccioli
Che lotta sola per difenderli
E le mie braccia hanno afferrato armi
E tanta stoffa addosso a riscaldarmi
E nel mio petto c'è un motore acceso
Fatto per dare più di quel che ha preso
E le mie mani hanno applaudito il mondo
Perchè il mondo è il posto dove ho visto te
Dove ho visto te
E c'è una parte della mia città
Che assomiglia a te
Quella dei bar con fuori i tavolini
E del silenzio di certi giardini
E c'è una parte della luna
Che assomiglia a te
Quella dove si specchia il sole
Che ispira musica e parole
Baciami baciami baciami
Mangiami mangiami mangiami
Lasciami lasciami lasciami
Prendimi prendimi prendimi
Scusami scusami scusami
Usami usami usami
Credimi
Salvami
Sentimi
E c'è una parte della vita mia
Che assomiglia a te
Quella che supera la logica
Quella che aspetta un'onda anomala
E c'è una parte in Amazzonia
Che assomiglia a te
Quelle acque calde e misteriose
Le piante medicamentose"

lunedì 28 luglio 2008

Il passato è una terra straniera


Si ricomincia, anzi qualcosa già è ricominciato…Ho ripreso ad allenarmi davvero. Sveglia la mattina presto per fare almeno 18-20 Km a Villa Pamphili. E poi un giorno a settimana, di solito il venerdì, le ripetute a Villa Glori. E’ bella Villa Glori in questa stagione perché c’è sempre un po’ d’ombra e poi il terreno è vario e quindi più allenante. Certo il ritmo non è più quello dell’inverno e i lunghi sono un po’ meno lunghi. Ma ci sta, fa molto caldo e in fondo mancano più di due mesi alla mia prossima maratona.
Ho deciso: sarà Amsterdam e sarà una bella sfida in terra straniera.
Sono riprese anche le gare; tutte distanze brevi che non digerisco tanto ma in questa stagione è difficile, anzi impossibile, competere in una mezza. Anche il fondo va in vacanza in estate.
Dopo due mesi di relax il mio fisico si sta lentamente riadattando ai ritmi più serrati della fase pre-maratona: la mattina faccio molta fatica ad alzarmi e a volte ho dei cali di energia che non avevo mai provato se non quando il fatidico “muro” delle Cascine a Firenze mi colpì all’improvviso senza lasciarmi scampo. Nelle ripetute sono lenta anche se molto regolare e non riesco più a farle in progressione. Ma c’è tempo e non ho fretta…
Ieri durante un lungo con Claudio sono caduta sull’asfalto e ho sbattuto forte il ginocchio. Un dolore lancinante, ero sicura di essermi rotta qualunque cosa. Ho stretto i denti, urlato un po’ ma dopo poco ho ripreso a correre. Perché è così che va la vita…Sacrificio, sudore e lacrime…ma il male non è poi così forte quando è passato…


“Tutto ciò che è stato,
se lo abbiamo visto quando era,
quando se ne va è tolto da dentro di noi.
Alla fine rimane ciò che e' rimasto di ieri e
ciò che rimarrà di domani:
l'ansia insaziabile e molteplice dell'essere
sempre la stessa persona ed un'altra.”

martedì 3 giugno 2008

Ma un sogno così non ritorna mai più?


La stagione agonistica, almeno per me, dopo Torino e Colli Aniene è volta al termine. Ero arrivata a un livello di stress e stanchezza fisica e mentale da dovermi per forza prendere una lunga pausa rigeneratrice. E così è stato. Ho riposto con cura la corsa per quasi due mesi in un angolo sempre presente della mia vita e mi sono presa del tempo per me. Il tempo dell'ozio, di una nuova stagione più calorosa e morbida, della mancanza di regole, del relax, della sveglia più tardi, delle uscite la sera, dei week end senza avere nulla da fare. Ed è stato bello, salutare, per me assolutamente indispensabile. Questo distacco doloroso ma ossigenante è il segno evidente della mia immaturità sportiva ma forse anche di un equilibrio ritrovato che probabilmente mancava al mio rapporto quasi morboso con la corsa e la competizione.
Adesso, dopo tanta calma, ho veramente tanta voglia di ricominciare. Ancora due settimane e poi si riparte a pieno ritmo. Lo so l'estate si avvicina, il caldo, le giornate al mare, il gelato dopo cena, parlare tutta la notte...Ma gli obiettivi per il prossimo anno sono davvero molto pretenziosi e non mi posso permettere, se voglio riuscire a conseguire dei buoni risultati, di aspettare fino a settembre. La strada deve ricominciare adesso. Tra poco torna a Roma anche Claudio e in due sarà più facile ritrovare l'energia per allenarsi con costanza e determinazione.
Una cosa però ho capito in questo periodo di vita "quasi normale": che quello che ho vissuto quest'anno è stato qualcosa di straordinario che difficilmente si ripeterà. E'stato un inverno magico,una parentesi di scoperte e vittorie che è coincisa con una fase della vita in cui la voglia di cambiare era più forte di qualunque tentazione a fermarsi. Servono a volte queste cariche a molla fortissime che ti fanno girare, girare, girare...è un'adrenalina continua che dà quasi alla testa e ti porta a provarci sempre e comunque, che annulla la paura e il dolore. Però bisogna esserne consapevoli e non farsi schiacciare quando poi a un certo punto l'abbrivio finisce...Accettare senza rimpianto che ciò che è stato non torna e che quell'euforia magica forse è rimasta solo nei ricordi. Trovare nuove motivazioni, coltivare con costanza e amore ciò che già si ha. Non si può sempre e solo provare, a un certo punto bisogna cominciare a costruire. E' più difficile ma in fondo poi l'eccezione si può trovare ovunque, anche in ciò che ogni giorno ritorna uguale e familiare. Basta lasciarsi andare...

sabato 10 maggio 2008

Chiedimi se sono felice


Felicità
improvvisa vertigine
illusione ottica
occasione da prendere
parcheggiala
senza frecce o triangolo
tutti dormono già
e si é spento il semaforo
Ieri a te
oggi io sono il prossimo
quanto durerà
io lo chiedo agli altri ma
si vede che
c'era un filo invisibile
se n'è andata via
resta la scenografia
Felicità,
ricordare é un pericolo
come si elimina
un quintale di fosforo?.
E infatti, infatti non dimentico
la mia fotografia
e l'amore se non ce l'ho
Ripeterei tutto quello che è passato
comprese le tue bugie
perché le scoprirei molto prima e senza aiuto
Precipita
dallo spazio un giocattolo
di alta robotica
è il futuro fantastico
Ripeterei tutto quello che m'hai dato
comprese le tue bugie
perché le scoprirei molto prima e senza aiuto
Felicità
dichiarata fac-simile
dal giudizio che ha
rilasciato un orefice
quella vera sarà
senza un graffio di ruggine.

lunedì 5 maggio 2008

Una corsa di pace


Dai boschi di cedri all'odore pungente della macchia mediterranea. Dalla montagna al mare in 40 chilometri di splendida pedalata con 250 donne di 39 nazioni diverse. Anche questo è il Libano. Anche questa è “Follow the woman”, la manifestazione che si è aperta ieri a Beirut, arrivata alla sua quarta edizione che invita le donne di tutto il mondo a pedalare attraverso i paesi del Medio Oriente per condividere un'esperienza di pace.

L'ideatrice e la promotrice è una donna statunitense, Detta Regan, che ha portato con sé anche le due figlie. Intorno a lei, un gruppetto di volontarie che ogni anno cercano sponsor e contatti con i territori attraversati per rendere visibile e fruttuosa la loro iniziativa.

Quest'anno si parte dal Libano, per passare in Giordania e in Siria e terminare il tour nei Territori occupati della Cisgiordania. Le donne che partecipano vengono dalla Palestina, dall'Iran, dalla Turchia, dal Marocco, dall'Estonia, dalla Francia, la Danimarca, la Spagna, il Canada, e per i giorni prossimi è atteso anche un gruppo di donne israeliane. Le italiane sono in 20, due da Roma, il grosso da Padova, due dalla provincia di Siena, le altre da Venezia e Treviso.

Dopo i discorsi ufficiali al Palazzo dell'Unesco, la carovana parte da Bakleen, Mount Lebanon, 900 metri sul livello del mare, sale e scende per i tornanti di un paesaggio che d'inverno è coperto di neve ed ora è un'esplosione di verde. Si passa per Ain-Bal, Ghariefi, Hasrout, Aanout, Daraxa, Sheim. In ogni paese la gente saluta, scatta foto con il cellulare, accoglie la comitiva con danze, distribuzione di fiori, dolci locali e narghilè. E' una festa.

Ma a proteggere il corteo ci sono i mitra dell'esercito libanese, le camionette, le moto. Uno scontro armato potrebbe scoppiare all'improvviso, la gente lo sa. “Il paese è paralizzato”, dicono gli organizzatori locali del Pyo, il Progressive Youth Organization, un'emanazione del partito al governo, “ma libero e con una sua agenda indipendente”, ripetono i leader. E' paralizzato perché da una parte c'è la coalizione di governo, dall'altra gli Hezbollah, uno stato nello stato. Due universi paralleli che non riescono a comporsi. E' per questo che da tre anni, in Libano, si rinviano le elezioni del presidente. E in mezzo a tutto questo le donne e la bicicletta, mezzo umile, povero, senza difese, quasi ridicolo nella complessità e nella drammaticità di questi territori. Ma le donne pedalano...

venerdì 2 maggio 2008

Instantes - Istanti


Si pudiera vivir nuevamente mi vida.
En la próxima trataría de cometer más errores.
No intentaría ser tan perfecto, me relajaría más.
Sería más tonto de lo que he sido,
de hecho tomaría muy pocas cosas con seriedad.
Sería menos higiénico.

Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igenico.

Correría más riesgos,
haría más viajes,
contemplaría más atardeceres,
subiría más montañas,
nadaría más ríos.

Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei in più fiumi.

Iría a más lugares adonde nunca he ido,
comería más helados y menos habas,
tendría más problemas reales y menos imaginarios.

Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.

Yo fuí una de esas personas que vivió sensata
y prolíficamente cada minuto de su vida;
claro que tuve momentos de alegría.

Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensati e con profitto;
certo che mi sono preso qualche momento di allegria.

Pero si pudiera volver atrás trataría
de tener solamente buenos momentos.
Por si no lo saben, de eso está hecha la vida,
sólo de momentos; no te pierdas el ahora.

Ma se potessi tornare indietro, cercherei
di avere soltanto momenti buoni.
Chè, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
di momenti: non perdere l'adesso.

Yo era uno de esos que nunca
iban a ninguna parte sin un termómetro,
una bolsa de agua caliente,
un paraguas y un paracaídas;
si pudiera volver a vivir, viajaría más liviano.

Io ero uno di quelli che mai
andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa dell'acqua calda,
un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.

Si pudiera volver a vivir
comenzaría a andar descalzo a principios
de la primavera
y seguiría descalzo hasta concluir el otoño.

Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andare scalzo all'inizio
della primavera
e resterei scalzo fino alla fine dell'autunno.

Daría más vueltas en calesita,
contemplaría más amaneceres,
y jugaría con más niños,
si tuviera otra vez la vida por delante.

Farei più giri in calesse,
guarderei più albe,
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti.

Pero ya ven, tengo 85 años y sé que me estoy muriendo.
Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.


Jorge Luis Borges

mercoledì 23 aprile 2008

Il suono dei chilometri


Succede. Che certe volte bisogna accettare i propri limiti e, senza drammi nè rese, abbandonare la strada per un attimo e sedersi a guardare. Era, forse, inevitabile. Dopo mesi di allenamenti intensi e uno stile di vita non molto disciplinato, dopo parecchi chili in meno e ancor meno ore di sonno per notte, dopo due maratone, tre mezze maratone, cinque lunghi, tre 10 e non so più neanche io quanti chilometri macinati…Che arrivasse il momento in cui, nonostante la testa fosse ancora brillantemente reattiva, che fosse proprio il corpo a dire: basta. E’ successo domenica scorsa durante la Maratonina della Cooperazione, una dieci chilometri semplice e lineare in una zona periferica di Roma. Dopo Torino ho continuato a correre con ritmi non proprio da recupero; un lungo, ripetute in pista a 4’10” e un’uscita di un’ora e quaranta. Sono stata indecisa fino all’ultimo se partecipare o meno a quella che è stata la quarta gara del campionato di società. Ero davvero stanchissima e il caldo improvviso aveva fatto ulteriormente calare le poche riserve rimaste. Poi però alla fine, per questa strana arma a doppio taglio che è la competitività, ho deciso di andare. Complice,come sempre,anche il buon Claudio. Credo che su di me abbia pesato un ulteriore meccanismo un po’ perverso in cui devo stare molto molto attenta a non ricadere mai più: l’aspettativa degli altri. Finchè facevo dei tempi sfigati ovviamente nessuno badava a me e correre era bello, era una cosa solo mia e di chi aveva il piacere di volerla condividere. Da quando ho iniziato a ottenere risultati discreti e piazzamenti, però, improvvisamente ecco puntati i riflettori addosso e allora tutti a dispensare consigli, a porre un occhio anche ai miei di risultati. E questo, se da una parte fa piacere e gratifica, dall’altra aggiunge pressione a quelle che già sono le mie, di aspettative. Siamo arrivati tra i palazzoni di cemento di una periferia dura e addormentata dopo averla cercata a lungo. Metafisici personaggi si aggiravano tra i viali mescolandosi di tanto intanto ai runners che erano presenti in numero cospicuo. Come al solito lo spirito era divertito e in fondo anche un po’ distaccato dalla serietà con cui alcuni si focalizzano sull’evento. I complimenti della squadra sono arrivati subito e me li sono presi beata…ma anche qualche diceria inventata che, sinceramente, un po’ dispiace. Ma ci sta, fa parte del gioco.
Siamo partiti senza troppi cerimoniali, il sole picchiava forte e l’asfalto scuro emanava un calore infernale. Da subito ho preso un ritmo velocissimo: 3’50” per i primi due chilometri e poi 4’- 4’05” nei successivi. Ma non mi sentivo bene per niente…affanno totale, gambe pesanti, giramento di testa, caldo asfissiante. Brutte sensazioni che hanno reso quella breve corsa una vera agonia. Ma stavo facendo il mio miglior tempo di sempre, ero sotto i 41 minuti e non potevo e non volevo mollare. Il sesto e il settimo chilometro sono stati veramente un incubo, sono andata avanti per inerzia spingendo come una disperata con la sola forza delle gambe. Avevo gli occhi impregnati di sudore e non vedevo neppure bene il percorso; una strana sensazione di distaccamento dalla realtà dovuto al lento esaurirsi delle energie…Poi a un certo punto, superato l’ottavo chilometro, è stato il buio…Il mio corpo si è arreso e si è, molto semplicemente, fermato. Mi sono accasciata sul bordo della strada senza un filo di forze e soprattutto senza neppure riuscire a capire quello che era appena successo. La mia testa stava ancora correndo, era lì a un passo dal traguardo a prendersi quel best time fuori programma. E allora, in quella solitudine urbana deserta e disperata, ho iniziato a piangere. Ma non era per la delusione di un evidente ritiro, né per quell'improvviso e inatteso malore, né per il caldo, né per tutti i corridori che inconsapevoli mi stavano passando davanti. Il mio è stato un pianto liberatorio. Arriva il momento in cui bisogna fare i conti anche con la propria imperfezione e con il nostro essere, prima di tutto, umani e deboli. Il riappropriarmi dopo tanto, di una dimensione più vera dello sport. Che non sempre si può solo vincere, che si cade e poi ci si rialza, che la corsa come la vita è fatta di giornate in cui le cose proprio non vanno e che in fondo correre è bello anche perché prima o poi ci si ferma sempre.
Un ragazzo con il motorino mi ha riaccompagnato al traguardo dove un’ambulanza mi ha aiutato a riprendermi con sali minerali e zucchero e dove, per una volta tanto, mi sono anche spensieratamente goduta l’arrivo del primo classificato e via via di tutti i partecipanti. Questo punto di vista dello spettatore mi mancava e la corsa, da quell'angolo sicuro, mi è sembrata ancora più avvincente e amabile.
La domanda che mi sono sentita fare più spesso per i trenta minuti successivi è stata: Allora com’è andata? Quanto ci hai messo? Ritirata??????????????Ti sei fatta male? Per fortuna ci ha pensato Claudio a trascinarmi via da quella processione di giustificazioni e delusioni che si stava palesando tristemente.
Tornando a casa in macchina ero, inaspettatamente, serena e contenta anche che tutto ciò fosse inevitabilmente successo e ho deciso di prendermi una settimana di stop che, devo confessare, mi sto godendo con ritrovato piacere. Adesso correre già mi manca…nuovi e sempre più stimolanti obiettivi sono già all’orizzonte. Dal prossimo autunno le sorprese non mancheranno ma per il momento mi vivo questa fase più dolce ed estiva del mio sport preferito.
Il mito della Camilla bionica è, fortunatamente, decaduto e con esso, mi auguro, anche i “riflettori” puntati. Io torno a godermi i miei boschi, la mia Roma abbronzata e affollata, la pista più bella del mondo, le cose piccole, il traguardo rappresentato solo da un cappuccino, due chiacchiere e le risate sincere di un amico.
Succede. Perchè la strada è lunga, tortuosa, imprevedibile, in salita, misteriosa,affascinante. Ma cè, basta cercarla. Come la felicità.

martedì 15 aprile 2008

Turin Marathon 2008, passion lives here




La maratona di Torino è stata, senza ombra di dubbio, la maratona dei record.
C’è stato, acclamato a furor di popolo, quello straordinario e incredibile di Enzo Caporaso che ha concluso la sua cinquantunesima maratona consecutiva in 3 ore e 45 minuti entrando così nel Guinness dei Primati. C’è stato poi quello più sportivo e sofferto della nostra Vincenzina Sicari che dopo numerosi tentativi falliti è riuscita a scendere sotto l'indissolubile muro delle 2 ore e 30 minuti, anche se solo di 10 secondi, aggiudicandosi così finalmente l’accesso alle Olimpiadi di Pechino e la vittoria in campo femminile della maratona di Torino. In bocca al lupo cavallo pazzo…C’è stato poi quello più nostalgico e commuovente di Gelindo Bordin, che ha festeggiato i vent’anni dalla vittoria olimpica di Seul nel 1988 tagliando il traguardo in 3h05min. C’ è stato quello di una città che ha saputo, con discrezione e raffinata curiosità, ritagliarsi uno spazio ormai importante nel panorama podistico italiano e internazionale e che ha festeggiato quest’edizione con un folto numero di atleti di ottimo livello e di partecipanti finalmente provenienti da ogni dove.
E poi c’è stato il mio…3ore25min06sec…ma facciamo un passo indietro…
La trasferta sabauda è iniziata sabato mattina. Dopo una notte di festeggiamenti pasionari prepolitici in cui ho dormito il totale di 31 minuti (una vera attitudine sportiva…), alle otto di mattina con parecchio ritardo, mi sono passati a prendere Claudio e la sua bellissima moglie Valentina per andare insieme all’aeroporto direzione l’antica capitale d’Italia! In macchina è prevalso, come succede più o meno sempre in presenza di due o più runners, l’argomento podistico per la gioia e la santa pazienza di chi è estraneo a questo mondo di schizzati. Il volo perfetto ci ha consegnati nelle braccia di una città in cui è sempre davvero piacevole tornare e non solo per il mio fortissimo legame sentimentale pregresso. Già dall’alto, arrivando, mi sono incantata a guardare il lento e secolare scorrere del Pò che taglia la città disegnandone il profilo e l’umore. Le montagne innevate intorno, Palazzo Reale, la Mole Antonelliana che svetta quasi a rivendicare una vitalità che nell’immaginario collettivo, un po’ bieco e accecato, manca a questo centro urbano che molto ha ormai da insegnare a tanti altri capoluoghi spesso sopravvalutati. Comunque Torino è una città che per chi ha tempo e voglia di scoprirne la vera essenza, davvero bellissima e inaspettata. Caffè elegantissimi, cortili nascosti, architetture che raccontano le storie dei Re, il museo del cinema, le piazze sconfinate, il parco del Valentino misterioso e pittoresco, Superga, le regge reali, il museo egizio, il quadrilatero romano, il meltin’pot del Balòn, i localini, la Fiat, il gelato buono di Grom, il cappuccino da Baratti…Insomma una miscela di tradizioni, storia e progresso che sono la vera anima dello splendido capoluogo piemontese.
All’aeroporto ci è venuto a prendere, sotto una pioggia battente e in un inatteso clima ancora decisamente invernale, Piq mio fedele amico di una vita nonché designato supporter per quest’ennesima impresa sportiva. Devo dire che ha assolto al suo ruolo in maniera precisa e impeccabile e di questo gli va reso onore e merito, grazie! Dopo averci scarrozzato al Marathon Village (onestamente mooooooolto low profile) dove io e Claudio ci siamo esaltati a guardare il percorso, lo stesso del 1919, che forse avevamo un po’ sottovalutato e le locandine delle prossime gare da mettere in agenda, ci ha portati ognuno nell’assegnata dimora: loro in un albergo fighetto del centro, io in una casa studentato senza acqua calda (scherzo!!!).
Da quel momento fino al giorno dopo non ricordo molto, perlopiù ho mangiato e dormito…
La mattina della gara mi sono svegliata pimpante e riposata come una rosellina di campo; il sole fuori era alto e splendente e una brezza fresca e costante soffiava portando via con sé rapidamente ogni mia più lontana paura. L’appuntamento era alle 8alle Porte Palatine, in prossimità della partenza, con Claudio, Antonio e Silvana. I quattro dell’Astra pronti a colpire e a portare alto il nome della società in terra sabauda! Caffè al bar, chip, riti e controriti, riscaldamento e poi veloci ad aspettare lo sparo di via in un’atmosfera rilassata e divertita. Per la prima volta nella mia carriera di maratoneta è risuonato alto e patriottico l’inno italiano, solo a Torino…comunque devo confessare che in una giornata in cui un po’ si decidevano le sorti del nostro paese, è stato altresì emozionante e di buon auspicio.
Siamo partiti sotto una nube di festoni e coriandoli colorati con un ritmo sin da subito decisamente veloce reso possibile dall’esiguo numero di partecipanti, circa 3000. Io, Claudio e Antonio abbiamo fatto i primi chilometri insieme a 5’ ben sapendo però che sarebbe durato poco e che ognuno avrebbe preso il suo ritmo. Molti mi hanno chiesto dopo le gare: “ma come ci si stacca da un compagno di squadra in maratona?ci si saluta?si avverte?”. Bhè no…in realtà non c’è un vero e proprio codice, è una cosa abbastanza naturale, è un po’ come correre.
Devo ammettere che avevo un pò d'ansia, la prima volta tutta da sola a tentare una velocità e un tempo in cui non credevo forse nemmeno io. Torino è una gara che si vince con la testa molto più che con le gambe. E’ tosta, davvero tosta. Il percorso è tutto dritto, strade lunghissime senza grandi distrazioni, quasi nessuno a fare il tifo…Bisogna avere la capacità di staccare il cervello e mettersi lì, diligenti e pazienti come soldatini, a tenere quello che si ha. Anche in questo caso ho fatto proprio una gran bella gara, me lo devo concedere. Sono partita a 4’55” che ho tenuto fino al decimo e poi tutto in progressione fino ai 4’41" degli ultimi chilometri in cui avevo ancora parecchia benzina da spendere! Il paesaggio intorno è molto bello e suggestivo con le Alpi a fare da cornice ai paesini di Moncalieri, Nichelino, Pinerolo, Rivoli…Rivoli proprio lì, in prossimità del 21esimo inizia una salita abbastanza lunga, circa 8 chilometri, che se non si è un po’ allenati si rischia di perdere alcuni secondi al chilometro…io sorprendentemente, e di questo devo dire grazie a tutte le mattine alle 6 in cui mi faccio via Dandolo per la gioia del pelato, l’ho aggredita e ho iniziato a correre più veloce e non mi sono più fermata. Sto iniziando ad amare le salite, le trovo affascinanti, intellettualmente. Ogni volta che ne incontro una molto ripida e che avrei voglia di fermarmi o rallentare penso: e che sarà mai?mica uccide!e ci provo…
Comunque dal 30esimo, per la legge del contrappasso, inizia invece un vialone lunghissimo, corso Francia, con una leggera pendenza in discesa per parecchi chilometri. E lì la gara, se sei arrivato bene e sei sereno di testa, è davvero tutta da giocare. Io ho lasciato andare le gambe, morbide, veloci; il sorriso sulle labbra mentre incrociavo, cantando a squarciagola, i visi delle persone che chi più e chi meno si sono in fondo lasciate coinvolgere dalla corsa spensierata del ciuffo biondo più veloce del west! Nelle maratone, viva la faccia, le donne dato che sono sempre molto poche e molto pazze, raccolgono un tifo e un calore straordinario! La rivoluzione femminile è nelle strade, non in parlamento! L’unica piccola crisi l'ho avuta intorno al 33esimo; il vento aveva soffiato in direzione contraria per tutto il tempo e mi sentivo davvero molto disidratata però ho tenuto duro e dopo il rifornimento mi sono ripresa meglio di prima!
Al 35esimo ho incontrato Piq che ha corso con me, incitandomi ed esultando, un intero chilometro a 4’30" che grande! Da lì in poi è stata la mia maratona: guardando il cronometro mi sono resa conto che ormai ero decisamente sotto le 3 ore e 30 e che mi bastava semplicemente mantenere quel ritmo per chiudere una gara memorabile. Ma stavo bene e per la prima volta ho voluto rischiare un po’…al 38esimo il sorriso incoraggiante di Aldo Rock mi ha dato il segnale di cui avevo bisogno e ho messo il turbo. Il rischio di scoppiare a un passo dalla fine c’era, ma non mi avrebbe preso! Sognavo quel traguardo, l’arco in Piazza Castello, Palazzo Reale, quella cornice meravigliosa con il sole brillante, i miei amici in attesa…Gli ultimi due chilometri li ho corsi davvero veloci e consapevoli e, come si dice, me li sò proprio magnati! Lo scatto finale negli ultimi 500 metri con un pubblico finalmente presente e vivo ad applaudire e incitare è stato davvero un momento magico. Ho tagliato il traguardo ridendo, emozionata e incredula per quelle 3 ore e 25 minuti che mai mi sarei aspettata!
Gli amici più cari erano tutti lì davvero felici per me e divertiti da quella giornata di festa che animava la città. Prima di andare ai ristori ho aspettato, speranzosa, l’arrivo degli altri miei compagni: Antonio ha chiuso egregiamente in 3 ore e 31 e Claudio…bhè quando Claudio ha tagliato il traguardo in 3 ore e 51, lui forse non se n’è accorto perché era frastornato com’è sempre dopo le gare, ma io mi sono sinceramente commossa. Vedere la sua gioia che è poi anche la mia mi ha fatto in un attimo passare davanti agli occhi tutti i momenti podistici trascorsi insieme: da quella benedetta domenica di gennaio della Tre Comuni con un freddo che tagliava la gola, a tutti gli allenamenti fatti mese dopo mese, la Roma-Ostia, i lunghi, i semi lunghi, Ladispoli, le ripetute, le congetture sui tempi, le paranoie, le urla davanti al cappuccino esaltandoci per una prestazione da babbei, la maratona di Roma e quei primi 27 chilometri di fiducia…ho rivisto in lui la mia storia di runner, la felicità pura e semplice che ti dà uno sport, la fatica ripagata, l’amicizia pulita, la motivazione, la familiarità, la pioggia, il vento, il sole, le stagioni che cambiano, i sogni, le illusioni, gli alieni, la Roma, Roma. Perché la corsa è anche la vita. E’ quella forza ed entusiasmo che mi mancavano nell’affrontare il mondo, la grinta per non mollare quando le cose non vanno, saper godere delle piccole soddisfazioni, lasciare libere le parole, innamorarsi delle persone, non giudicare dalle apparenze, tendere una mano a chi ne ha bisogno, salutare con garbo quando è il tempo di partire, fermarsi al momento giusto, saper ritrovare la strada di casa quando ci si sente perduti…
La sera in aereo tornando a casa ho guardato per un’ultima volta Torino dall’alto…dopo gli stravizi della giornata era tornata ad essere silenziosa ed educata come sempre. Come una vecchia madama che si lascia andare per un attimo all’impeto delle passioni, antico barlume di gioventù, per poi ritornare compostamente al ruolo che assurge. Ho sorriso teneramente e poi ho appoggiato la testa sul sedile…arrivederci Torino e grazie per aver regalato, anche a me, un piccolo record di passione.
Mi sono risvegliata che eravamo già a Roma. L’ho capito perché urlavano tutti, perché i cellulari squillavano all’impazzata, perché la gente faceva assurdamente a pugni per scendere e arrivare prima. Ma questa è la mia città e la amo perché è caotica, prepotente e un po’ matta. Ma adesso lo so. E’ qui che domani ricomincia la mia strada…

venerdì 11 aprile 2008

Riportando tutto a casa


Domani mattina si parte...Torino, di nuovo Torino...
Non è tanto la maratona, questa volta, a fare paura. E' più il ritorno, i ricordi, le emozioni sopite...E' la curiosità di attraversare questa città con delle scarpe nuove, con una maturità diversa, con altre mani...
Mi perderò tra i caffè e le atmosfere cortesi dell'antica capitale sabauda e pensando a quello che non c'è, inevitabilmente, proverò a tagliare un altro traguardo. Coraggio...Fino all'ultimo respiro...

martedì 8 aprile 2008

1h33'08" , la sagra della salsiccia


Una meritata vittoria, finalmente posso dirlo… Dopo mille peripezie, cambi di programma, dolori, bagordi notturni, treni persi, lavori in corso, forsesianzicheno, domenica mattina ho partecipato alla coloratissima mezza maratona di Frosinone anche detta mezza della salsiccia.
Alle 7 io e Claudio siamo partiti dalle strade raffinate e silenziose di Trastevere per approdare un’ora dopo nel centro “storico” della verace provincia laziale. L’atmosfera era particolarmente concitata; i partecipanti, gli organizzatori, le istituzioni e il pubblico si aggiravano in maniera nevrotica consapevoli che quella mattinata rappresentava per l’intera comunità un motivo di vanto e di orgoglio davvero ciociaro. La presenza di un atleta famoso e straordinario come Giorgio Calcaterra contribuiva a rendere fiera una città che si affaccia alla competizione agonistica da poco. Non so spiegare ma in questi posti gli eventi sportivi di un certo livello hanno un valore in più:danno prestigio, richiamano pubblico e sono assolutamente “straordinari”. Bene a quel punto gli ingredienti per una gara totalmente diversa dal solito c’erano proprio tutti. Mi sentivo incredibilmente serena, divertita e affascinata da quella realtà meno autorevole delle competizioni internazionali ma sicuramente più vera e agguerrita.
Ritirato il pettorale (senza chip per la prima volta!) ci siamo messi a studiare il percorso scoprendo con grande disappunto che si trattava di tre giri consecutivi intorno alla città. Mentalmente, almeno per me, sfiancante. Passare a ripetizione nelle stesse strade, sotto al traguardo;sapere già quanto manca, com’è l’andamento del terreno. Ahiahiahiahai…Cmq quella giornata era partita con lo spirito “machecefregamachecemporta” quindi non mi sono neppure messa a pensare più di tanto a un ipotetico tempo. Il mio personale da abbattere, fatto a Ostia un mese fa, era di 1h41’01”. Domenica c’è la maratona di Torino e quindi il buon senso avrebbe voluto che optassi per condurre una gara rilassata, senza spingere troppo. Ma ormai ho capito che il buon senso, almeno in certe cose, non sempre ha senso.
Ci siamo avvicinati alla partenza dopo un breve riscaldamento e una volta sistemati i pod e contapassi (per altro completamente fuori tara) abbiamo aspettato, tra battute e risate, lo sparo di via. Il numero non elevato di partecipanti ha permesso subito di prendere un ritmo veloce anche perchè devo ammettere che, nonostante la porchetta e il vino, a questa mezz hanno preso parte atleti davvero molto forti che hanno, forse inconsapevolmente, spinto un po’ tutti a condurre una gara abbastanza aggressiva almeno nella prima metà.
Io sono partita con il mio solito effetto siluro irrazionale ma per fortuna già dal terzo chilometro ho rallentato stabilizzandomi su un 4”20’/Km abbastanza costante. Del paesaggio intorno non posso raccontare molto perché effettivamente non è che fosse propriamente mozzafiato;comunque la gara è proseguita in maniera molto regolare con un tracciato pianeggiante e privo di asperità fatta eccezione per un paio di chilometri, verso la fine, leggermente in pendenza. Sensazioni decisamente positive: zero affanno nonostante un ritmo veloce, gambe leggere e bella progressione. Mi sono resa conto che stavo facendo una buona gara quando ho iniziato chilometro dopo chilometro a superare le altre atlete donne forse leggermente affaticate dalla monotonia e ripetitività della strada. Va detto che l’organizzazione è stata probabilmente una delle migliori che abbia mai testato: supporto dello staff continuo, ristori e spugnaggi perfetti, pubblico rispettoso e tutto sommato abbastanza incuriosito e poi… e poi loro. Il vero “premio” di questa gara: gli angeli della Ciociaria (con me nella foto)!Un gruppo di centauri locali che hanno aperto la strada e scortato tutti gli atleti per l’intero svolgimento della manifestazione. Dei miti assoluti;in sella alle loro moto, occhiali scuri, bandana e camperos sono stati la cosa che mi ricorderò con più simpatia di questa mezza maratona.
Dal 18esimo chilometro in poi, senza alcuna fatica, ho iniziato ad accelerare un pochino:ero sotto l’ora e 35 ed ero già felice così, dietro di me non avevo contendenti a mettere il fiato sul collo quindi ho semplicemente tirato fino alla fine senza strappi o volate sfiancanti. Ho tagliato il traguardo in 1h33”08” con un settimo posto assoluto e un secondo di categoria. Semplicemente incredula per il tempo ma soprattutto per la facilità con cui riesco a conquistarmi questi miglioramenti gara dopo gara.
La parte più bella della giornata è stata però la premiazione. Manco la finale di Miss Italia. C’erano tutti in pompa magna: il sindaco,il vicesindaco, il capo della polizia municipale,quello dei vigili del fuoco,l’assessore allo sport, la presidentessa dell’organizzazione, gli angeli della Ciociaria,il vescovo e lo spirito santo! Una scena assolutamente felliniana di una lunghezza esasperante…Alla fine sono stata acclamata sul podio con tanto di stretta di mano ma, ahimè, senza neppure una salsiccia o un fiaschetto di rosso…che amarezza!Ho riportato indietro un’orrida felpa con il logo della mezza maratona di Frosinone e il ricordo, però, di una giornata davvero surreale e genuina non foss’altro per il corridore che a un certo punto ha indicato l’i pod di Claudio (che ha straordinariamente chiuso in 1h40min stabilendo così il suo personale)e guardandolo incuriosito gli ha chiesto: “ma che è un navigatore satellitare?”!
Stamattina, dopo il meritato riposo di ieri, sono tornata a correre. Villa Pamphili all’alba era solitaria e un po’ malinconica. Però gli alberi, i prati e le foglie ormai sono tutti verdi…e io? Voglio una vita tranquilla, io…


Ringraziamenti
La vittoria di domenica vorrei dedicarla alla mia squadra, al President, a Claudio che ha iniziato a sorridere, a mio papà che sta finalmente cominciando a capire che le maratone sono tutte lunghe uguali, all’umiltà e l’incoraggiamento di un campione come Giorgio Calcaterra, a “quelli della notte”, a Fabrizia che mi ha preso per mano quando stavo per cadere, ai miei supporters torinesi, alla sveglia alle 6, alle mie amiche un pò pigre, alla musica quando si corre, a chi non si arrende, al cuore, alla pancia, all’ora o mai più, all’inaspettato…ma soprattutto la vittoria di domenica voglio dedicarla ,almeno per una volta, a me. Perché, in fondo, me la sono anche un po’sudata.