giovedì 28 agosto 2008

Siamo noi che abbiamo tutto da vincere o tutto da perdere



La sveglia è suonata presto sabato mattina per chi, come me, aveva deciso di raggiungere l’Elba con i potenti mezzi pubblici. Tutto quello che mi ricordo del lungo viaggio che mi ha separato dall’arrivo nello splendido golfo di Lacona, è il volo dei gabbiani sulla nave. Soavi, bellissimi si libravano in aria come un presagio della leggerezza che avrebbe caratterizzato una delle settimane più vere e divertenti che abbia mai trascorso.
Avevo sentito parlare per la prima volta dei Training Holidays alla Maratona di Firenze lo scorso novembre ma poi come spesso succede a seguito di una forte delusione, avevo accantonato il tutto in qualche angolo remoto della mente. Poi agli inizi di agosto ecco la folgorazione: ricominciare a correre e ricominciare cercando, questa volta, di farlo bene. Ero reduce da una stagione sorprendente e ricca di soddisfazioni: due maratone e quattro mezze di quelle che ti fanno venire i brividi. L’inaspettato che si avvera, le gambe sempre più veloci, gli sforzi, per una volta ripagati e la facilità con cui tutto ciò era accaduto. E poi il buio, l’apatia, il male, la crisi...
Ma la corsa era sempre lì, in quello spazio pulito del cuore a cui sapevo di poter tornare quando sarei stata pronta a farlo con meno voracità, con una maturità e consapevolezza di cui sentivo di avere disperatamente bisogno…
E allora Fulvio, l’Elba, una settimana tutta mia dove potermi dedicare senza paure né rimorsi a quella passione faticosa e sincera che mi ha completamente travolto.
Ero incuriosita all’idea di frequentare 20 ore su 24 (veramente!) altri “malati” di corsa come me ma malati sani, come li chiamo io, perché se decidi di buttarti tra le braccia di Fulvio è perché non hai più voglia o forse mai l’hai avuta, di farti male. Ma ero anche leggermente angosciata dall’idea di trovarmi accanto a dei fenomeni della strada a cui sarei dovuta stare dietro con la lingua di fuori e i muscoli in panne.
Al mio arrivo nell’accogliente Hotel Lacona vengo ricevuta da Claudia, una giovane e meravigliosa psicologa di Milano nonché ottima corritrice che affianca noi runners in quello che è forse uno dei percorsi più difficili: la consapevolezza di sé nella corsa ma poi di fatto anche nella vita. M’informa accuratamente di quelle che saranno tutte le attività da svolgere ( ma davvero facciamo tutta sta roba in una sola settimana?), mi consegna materiale tecnico e didattico e mi dà appuntamento dopo poco per la baropodometria (che???????). Entro un po’ perplessa e sperduta nella grande sala che poi sarebbe diventata la nostra aula di lezioni teoriche giornaliere e vedo Fulvio: la faccia di chi la sa lunga sulla vita, quel sorriso beato di chi non ha più nulla da dimostrare e si gode i piaceri più semplici e puri senza scorciatoie, senza finzioni. Sono molte le persone che mi colpiscono e mi affascinano, poche però quelle di cui ho realmente stima. Ecco Fulvio è una di quelle persone che stimo, come uomo e come professionista (salvo qualche piccola dèbacle di stretching in mezzo alla strada ma fa niente!).
Dopo i vari test finalmente arriva: l’incontro con quelli che diventeranno per una settimana o forse per sempre i miei compagni di avventura: la mia piccola grande Daniela (Pisa), il tenero Gigi una vera forza della natura dalle gambe grasse (Uliveto), Marzia che batte sempre Ivo e le loro splendide figlie (Brescia), Lorenza l’inarrestabile (provincia pavese scusa non mi ricordo il paeseeeeee), la dolce Sofia candido ritratto dei 18 anni, Marina la forza (Milano) di Riccardo e Anna, la simpatia travolgente di Sabrina e Simone (la fagiana con salsiccia non la scorderò mai!, Empoli), Fazio detto Porzio e le sue teorie sulle cose (Terni), Corrado che ha ritrovato la strada di casa (Milano), Roberto che correndo sa parlare di sé, di sua moglie Sara e del piccolo Lorenzo ( Castelfranco Veneto) , Elena con il suo sorriso contagioso (Varese), Paolo che viene dal mare, Stefania cuore di Roma (ma chi ci crede????) affiancata dall’affascinante Prof. Patrizia. Un elenco di nomi che per me sono diventati amici, eroi di quel nostro piccolo mondo fantastico che è stata l’Elba.
Non so se sia stata l’aria frizzante che soffiava dal mare, il sorriso incoraggiante di Fulvio, la corsa sulla spiaggia alle sette di sera. So solo che la sintonia che si è creata in questo pazzo gruppo di uomini e donne è stata immediata, come un fulmine, un’abbagliante immagine che sin da subito ha reso naturale e divertente qualunque momento trascorso insieme. Giuro che erano anni che non ridevo così tanto: quella risata verace che ti viene quando ti scordi di tutto, quando l’unica cosa che conta è essere esattamente lì dove e con chi sei.
La settimana è letteralmente volata tra gare (e che risultati ragazzi!!!), filmini in commentabili sulle nostre tecniche di corsa, lezioni e consigli sull’alimentazione, l’allenamento, le tecniche di rilassamento, il potere e l’importanza della mente, ripetute, test di Conconi (a proposito complimenti per il gran bel pezzo di figliolo!!!), strampalati test chinesiologici, gite in bici, in kayak, miniere, delfini, spiagge mozzafiato, corse in salita, discese, fotografie ininterrotte, riscaldamenti, stretching, esercizi di ginnastica, di respirazione, colloqui con Claudia e con Fulvio, ma soprattutto le barzellette di Fulvio e il suo inseparabile rosmarino, colazioni, pranzi, cene. E mai c’è stato un attimo di noia, di fatica, di abbandono o di silenzio…
Al di là dell’evidente “educazione” allo sport e miglioramento sotto il profilo della consapevolezza delle proprie capacità tecniche e psicologiche, la cosa che porto nel cuore di questa vacanza è stata la spontaneità e il fluido e ininterrotto circolare delle idee: ognuno di noi ha saputo regalare, chilometro dopo chilometro, una parte profonda e spesso fragile di sé, un’appartenenza regionale, un obiettivo futuro, una delusione, un sogno, una storia. La propria storia.
Quando sono arrivata non avevo più ben chiaro quale fosse il motivo per cui avevo iniziato a correre né tantomeno perché continuassi a farlo. Adesso lo so: corro per stare bene ma anche perché la corsa siamo noi. Nessuno si senta escluso.

venerdì 8 agosto 2008

Olimpiadi di Pechino, finalmente si corre.


"Finalmente si pedala. Finalmente si duella. Finalmente ci si batte sul tatami e non tra le quinte della politica, del nazionalismo e dell'economia, negli uffici delle multinazionali che sponsorizzano i Giochi o nei corridoi delle federazioni sporive internazionali.
Lo yin dei veleni globali, delle polemiche libertarie e degli scandali olimpici passano il testimone allo yang dell'agonismo, delle sfide sportive, delle competizioni che resteranno imperiture nella memoria del grande sport. E' il momento della rivalità, della passione,del talento.
I cinesi sostengono che il movimento debab essere vissuto come un'arte e ogni istante come un'intensa presenza.
Qi gong, la padronanza del soffio.
Che i Giochi di Pechino siano lievi come il soffio che genera l'energia dei corpi..."

lunedì 4 agosto 2008

La Speata 2008, una corsa da matti!




A Subiaco, località collinare dell’entroterra laziale, sono legata per ragioni sentimentali da molti anni e tornarci ieri per affrontare la tanto famigerata Speata è stata una piacevole emozione.
La gara in questione percorre per intero la ripidissima strada che dal centro di Subiaco sale, senza tanti sconti, su fino a Monte Livata.
Il dislivello è di circa 850 metri da percorrere correndo per 12 Km attraverso una serie infinita di tornanti che scandiscono un paesaggio montano davvero mozzafiato.
Ero un po’ scettica all’idea di gettarmi in questo tipo d’impresa un po’ folle soprattutto considerato il caldo asfissiante che in questi giorni caratterizza questa stanca estate. Ma l’entusiasmo con cui la descrivono i “veterani” e la cospicua partecipazione di atleti della mia squadra, mi hanno alla fine dato la motivazione in più che mi mancava. Unica defezione degna di nota l’assenza di Claudio con cui avevo previsto di fare poi nel pomeriggio uno dei nostri soliti lunghetti in versione light (circa 25 Km).
Siamo partiti dalla stazione di Piramide alle 7.30; il sole batteva alto nel cielo e la temperatura a quell’ora sfiorava già i 31 gradi centigradi!!! Dopo circa un’oretta di macchina con l’aria condizionata che nascondeva la temperatura infernale esterna, siamo arrivati a Subiaco.
La strada era già stracolma di runners che si scaldavano e scambiavano i soliti consigli pre-gara. Sinceramente dato il periodo festivo non mi aspettavo di vedere così tanti partecipanti a quella che ho scoperto essere una delle gare più amate e ambite dalle società podistiche laziali!
Al nastro (ma quale nastro???) di partenza c’erano nomi anche di un certo rilievo segno che, nonostante l’impegno e l’atmosfera molto casareccia, questa corsa è considerata un ottimo allenamento in previsione della lunga stagione agonistica autunnale.
Quando ho visto la salita che dà il via alla Speata , sinceramente, mi sono spaventata. Un tornante lunghissimo con pendenza del 18% e da lì per i primi 4 Km non c’è alcuna variazione. Puoi solo puntare le scrpe e andar su. Mi ritengo una corritrice, nel mio piccolo, abbastanza forte nelle salite perché tra Via Dandolo, Villa Pamphili e l’Umbria le occasioni non mi mancano e quindi non pensavo di avere tutte le crisi che successivamente mi hanno afflitto…
La prima salita era così ripida che non mi era neppure ben chiaro quale fosse la tecnica di appoggio del piede per poterla affrontare senza saltellare inevitabilmente sul posto! Molt runners più esperti mi hanno rassicurato dicendo che la maggior parte dei partenti all’inizio cammina. Ero comunque perplessa.
Ci siamo avvicinati alla linea che segna presumibilmente la partenza con un sole che bruciava la testa e la pelle: mi sono chiesta se non avessi fatto meglio a indossare un cappello per evitare un colpo di calore? Troppo tardi.
I pirmi 100 metri sono passati lisci come l’olio, ecco appunto proprio solo i primi 100 metri…i polpacci hanno iniziato a farmi male praticamente subito, il cuore è sbalzato a mille dopo neppure un minuto, il fiato…dov’era il fiato? Panico. Già al secondo tornante ero tentata di abbandonare, per la prima volta nella mia vita podistica mi sono chiesta “ma chi cavolo me l’ha fatto fare?”. In quel momento mi è sembrato che correre così fosse più un dispiacere che altro. Mi girava la testa da morire e come sempre mi succede quando vado in affanno (rarissimamente) mi è venuto mal di stomaco e all’altezza del quinto chilometro mi sono dovuta fermare per rimettere.
Il ritmo era ovviamente bassissimo ma non è certo una gara in cui si possano fare tempi paragonabili a quelli della corsa su strada, è una di quelle gare “tanto per finirle”. Ecco io non vedevo proprio l’ora di finirla…Il panorama però era davvero meraviglioso: man mano che salivamo su verso la cima del monte, le vallate verdissime del Parco Naturale dei Monti Simbruini si estendavano a perdita d’occhio alleviando almeno un po’ sforzo e fiatone. Correndo in salita a quella pendenza mi sono resa conto che il mio non era assolutamente un problema muscolare ma quanto mai mentale. Quel tipo di andatura e di gesto atletico presuppone un controllo precisissimo e calibrato del proprio corpo, una conoscenza di sé e una capacità di tenuta di testa che io ancora non ho. E’ evidente. Però mi è servito per capire che a volte degli ottimi risultati si raggiungono non solo con un allenamento fisico ottimale ma anche con una straordinaria concentrazione e determinazione.
Alla fine i chilometri sono volati via tra lunghi tratti di camminata e altri di corsa veloce, una tecnica devastante che, ho capito, non fa per me. Comunque ho tagliato il traguardo con un sesto posto immeritatissimo tra gli applausi davvero calorosi del pubblico che divertito ha preso parte a una giornata che è stata per tutti una grande festa e una golosa occasione per conoscere paesaggi e prodotti tipici del territorio.
Per tornare ai parcheggi abbiamo rifatto con un pulmino la strada in discesa e ho capito che i runners, in fondo, sono tutti un po’ matti: molti dei partecipanti alla gara hanno preferito scendere a valle correndo portandosi appresso le bottiglie di vino vinte, i pacchi di pasta e una marea di cibarie che a guardarli così da fuori sembravano degli alberi della cuccagna viventi in fast motion!
Un’esperienza che, nonostante lo sforzo per me davvero impegnativo, ricorderò volentieri anche per la nostalgia di luoghi in cui un tempo avevo creduto di poter restare per sempre…
Nel pomeriggio avevo in programma il lunghetto con Claudio per le strade di Roma ma un piccolo “intoppo” all’attaccatura del tendine fantasma (ah ah ah ah ah!!!) lo ha trasformato in 8 Km di risate e congetture sull’impresa titanica che ci vedrà , spero, protagonisti a maggio del 2009…(resterà nei secoli il mio commento su un neonato tricologicamente ben fornito che dormiva beatamente cullato dalla mamma che a prima vista mi era sembrato delizioso ma avvicinandomi l'unica cosa che sono riuscita a dire è stata: "com'è scuro...di capelli!questo bambino!"...una figura plateale).
Sono andata a dormire con quella stanchezza meravigliosa che solo la corsa ti lascia addosso, quella consapevolezza di aver comunque attraversato dei luoghi, dei volti, dei momenti solo con la forza delle gambe. Quella forma del bello che assomiglia alla corsa.



E le mie gambe han camminato tanto
E la mia faccia ha preso tanto vento
E coi miei occhi ho visto tanta vita
E le mie orecchie tanta ne han sentita
E le mie mani hanno applaudito il mondo
Perchè il mondo è il posto dove ho visto te
Dove ho visto te
E le mie ossa han preso tante botte
E ho vinto e perso dentro tante lotte
Mi sono steso su mille lenzuola
Cercando il fuoco dentro una parola
E le mie mani hanno applaudito il mondo
Perchè il mondo è il posto dove ho visto te
Dove ho visto te
E c'è una parte dell'America
Che assomiglia a te
Quei grandi cieli senza nuvole
Con le farfalle e con le aquile
E c'è una parte dentro all'Africa
Che assomiglia a te
Una leonessa con i suoi cuccioli
Che lotta sola per difenderli
E le mie braccia hanno afferrato armi
E tanta stoffa addosso a riscaldarmi
E nel mio petto c'è un motore acceso
Fatto per dare più di quel che ha preso
E le mie mani hanno applaudito il mondo
Perchè il mondo è il posto dove ho visto te
Dove ho visto te
E c'è una parte della mia città
Che assomiglia a te
Quella dei bar con fuori i tavolini
E del silenzio di certi giardini
E c'è una parte della luna
Che assomiglia a te
Quella dove si specchia il sole
Che ispira musica e parole
Baciami baciami baciami
Mangiami mangiami mangiami
Lasciami lasciami lasciami
Prendimi prendimi prendimi
Scusami scusami scusami
Usami usami usami
Credimi
Salvami
Sentimi
E c'è una parte della vita mia
Che assomiglia a te
Quella che supera la logica
Quella che aspetta un'onda anomala
E c'è una parte in Amazzonia
Che assomiglia a te
Quelle acque calde e misteriose
Le piante medicamentose"