mercoledì 23 aprile 2008

Il suono dei chilometri


Succede. Che certe volte bisogna accettare i propri limiti e, senza drammi nè rese, abbandonare la strada per un attimo e sedersi a guardare. Era, forse, inevitabile. Dopo mesi di allenamenti intensi e uno stile di vita non molto disciplinato, dopo parecchi chili in meno e ancor meno ore di sonno per notte, dopo due maratone, tre mezze maratone, cinque lunghi, tre 10 e non so più neanche io quanti chilometri macinati…Che arrivasse il momento in cui, nonostante la testa fosse ancora brillantemente reattiva, che fosse proprio il corpo a dire: basta. E’ successo domenica scorsa durante la Maratonina della Cooperazione, una dieci chilometri semplice e lineare in una zona periferica di Roma. Dopo Torino ho continuato a correre con ritmi non proprio da recupero; un lungo, ripetute in pista a 4’10” e un’uscita di un’ora e quaranta. Sono stata indecisa fino all’ultimo se partecipare o meno a quella che è stata la quarta gara del campionato di società. Ero davvero stanchissima e il caldo improvviso aveva fatto ulteriormente calare le poche riserve rimaste. Poi però alla fine, per questa strana arma a doppio taglio che è la competitività, ho deciso di andare. Complice,come sempre,anche il buon Claudio. Credo che su di me abbia pesato un ulteriore meccanismo un po’ perverso in cui devo stare molto molto attenta a non ricadere mai più: l’aspettativa degli altri. Finchè facevo dei tempi sfigati ovviamente nessuno badava a me e correre era bello, era una cosa solo mia e di chi aveva il piacere di volerla condividere. Da quando ho iniziato a ottenere risultati discreti e piazzamenti, però, improvvisamente ecco puntati i riflettori addosso e allora tutti a dispensare consigli, a porre un occhio anche ai miei di risultati. E questo, se da una parte fa piacere e gratifica, dall’altra aggiunge pressione a quelle che già sono le mie, di aspettative. Siamo arrivati tra i palazzoni di cemento di una periferia dura e addormentata dopo averla cercata a lungo. Metafisici personaggi si aggiravano tra i viali mescolandosi di tanto intanto ai runners che erano presenti in numero cospicuo. Come al solito lo spirito era divertito e in fondo anche un po’ distaccato dalla serietà con cui alcuni si focalizzano sull’evento. I complimenti della squadra sono arrivati subito e me li sono presi beata…ma anche qualche diceria inventata che, sinceramente, un po’ dispiace. Ma ci sta, fa parte del gioco.
Siamo partiti senza troppi cerimoniali, il sole picchiava forte e l’asfalto scuro emanava un calore infernale. Da subito ho preso un ritmo velocissimo: 3’50” per i primi due chilometri e poi 4’- 4’05” nei successivi. Ma non mi sentivo bene per niente…affanno totale, gambe pesanti, giramento di testa, caldo asfissiante. Brutte sensazioni che hanno reso quella breve corsa una vera agonia. Ma stavo facendo il mio miglior tempo di sempre, ero sotto i 41 minuti e non potevo e non volevo mollare. Il sesto e il settimo chilometro sono stati veramente un incubo, sono andata avanti per inerzia spingendo come una disperata con la sola forza delle gambe. Avevo gli occhi impregnati di sudore e non vedevo neppure bene il percorso; una strana sensazione di distaccamento dalla realtà dovuto al lento esaurirsi delle energie…Poi a un certo punto, superato l’ottavo chilometro, è stato il buio…Il mio corpo si è arreso e si è, molto semplicemente, fermato. Mi sono accasciata sul bordo della strada senza un filo di forze e soprattutto senza neppure riuscire a capire quello che era appena successo. La mia testa stava ancora correndo, era lì a un passo dal traguardo a prendersi quel best time fuori programma. E allora, in quella solitudine urbana deserta e disperata, ho iniziato a piangere. Ma non era per la delusione di un evidente ritiro, né per quell'improvviso e inatteso malore, né per il caldo, né per tutti i corridori che inconsapevoli mi stavano passando davanti. Il mio è stato un pianto liberatorio. Arriva il momento in cui bisogna fare i conti anche con la propria imperfezione e con il nostro essere, prima di tutto, umani e deboli. Il riappropriarmi dopo tanto, di una dimensione più vera dello sport. Che non sempre si può solo vincere, che si cade e poi ci si rialza, che la corsa come la vita è fatta di giornate in cui le cose proprio non vanno e che in fondo correre è bello anche perché prima o poi ci si ferma sempre.
Un ragazzo con il motorino mi ha riaccompagnato al traguardo dove un’ambulanza mi ha aiutato a riprendermi con sali minerali e zucchero e dove, per una volta tanto, mi sono anche spensieratamente goduta l’arrivo del primo classificato e via via di tutti i partecipanti. Questo punto di vista dello spettatore mi mancava e la corsa, da quell'angolo sicuro, mi è sembrata ancora più avvincente e amabile.
La domanda che mi sono sentita fare più spesso per i trenta minuti successivi è stata: Allora com’è andata? Quanto ci hai messo? Ritirata??????????????Ti sei fatta male? Per fortuna ci ha pensato Claudio a trascinarmi via da quella processione di giustificazioni e delusioni che si stava palesando tristemente.
Tornando a casa in macchina ero, inaspettatamente, serena e contenta anche che tutto ciò fosse inevitabilmente successo e ho deciso di prendermi una settimana di stop che, devo confessare, mi sto godendo con ritrovato piacere. Adesso correre già mi manca…nuovi e sempre più stimolanti obiettivi sono già all’orizzonte. Dal prossimo autunno le sorprese non mancheranno ma per il momento mi vivo questa fase più dolce ed estiva del mio sport preferito.
Il mito della Camilla bionica è, fortunatamente, decaduto e con esso, mi auguro, anche i “riflettori” puntati. Io torno a godermi i miei boschi, la mia Roma abbronzata e affollata, la pista più bella del mondo, le cose piccole, il traguardo rappresentato solo da un cappuccino, due chiacchiere e le risate sincere di un amico.
Succede. Perchè la strada è lunga, tortuosa, imprevedibile, in salita, misteriosa,affascinante. Ma cè, basta cercarla. Come la felicità.

martedì 15 aprile 2008

Turin Marathon 2008, passion lives here




La maratona di Torino è stata, senza ombra di dubbio, la maratona dei record.
C’è stato, acclamato a furor di popolo, quello straordinario e incredibile di Enzo Caporaso che ha concluso la sua cinquantunesima maratona consecutiva in 3 ore e 45 minuti entrando così nel Guinness dei Primati. C’è stato poi quello più sportivo e sofferto della nostra Vincenzina Sicari che dopo numerosi tentativi falliti è riuscita a scendere sotto l'indissolubile muro delle 2 ore e 30 minuti, anche se solo di 10 secondi, aggiudicandosi così finalmente l’accesso alle Olimpiadi di Pechino e la vittoria in campo femminile della maratona di Torino. In bocca al lupo cavallo pazzo…C’è stato poi quello più nostalgico e commuovente di Gelindo Bordin, che ha festeggiato i vent’anni dalla vittoria olimpica di Seul nel 1988 tagliando il traguardo in 3h05min. C’ è stato quello di una città che ha saputo, con discrezione e raffinata curiosità, ritagliarsi uno spazio ormai importante nel panorama podistico italiano e internazionale e che ha festeggiato quest’edizione con un folto numero di atleti di ottimo livello e di partecipanti finalmente provenienti da ogni dove.
E poi c’è stato il mio…3ore25min06sec…ma facciamo un passo indietro…
La trasferta sabauda è iniziata sabato mattina. Dopo una notte di festeggiamenti pasionari prepolitici in cui ho dormito il totale di 31 minuti (una vera attitudine sportiva…), alle otto di mattina con parecchio ritardo, mi sono passati a prendere Claudio e la sua bellissima moglie Valentina per andare insieme all’aeroporto direzione l’antica capitale d’Italia! In macchina è prevalso, come succede più o meno sempre in presenza di due o più runners, l’argomento podistico per la gioia e la santa pazienza di chi è estraneo a questo mondo di schizzati. Il volo perfetto ci ha consegnati nelle braccia di una città in cui è sempre davvero piacevole tornare e non solo per il mio fortissimo legame sentimentale pregresso. Già dall’alto, arrivando, mi sono incantata a guardare il lento e secolare scorrere del Pò che taglia la città disegnandone il profilo e l’umore. Le montagne innevate intorno, Palazzo Reale, la Mole Antonelliana che svetta quasi a rivendicare una vitalità che nell’immaginario collettivo, un po’ bieco e accecato, manca a questo centro urbano che molto ha ormai da insegnare a tanti altri capoluoghi spesso sopravvalutati. Comunque Torino è una città che per chi ha tempo e voglia di scoprirne la vera essenza, davvero bellissima e inaspettata. Caffè elegantissimi, cortili nascosti, architetture che raccontano le storie dei Re, il museo del cinema, le piazze sconfinate, il parco del Valentino misterioso e pittoresco, Superga, le regge reali, il museo egizio, il quadrilatero romano, il meltin’pot del Balòn, i localini, la Fiat, il gelato buono di Grom, il cappuccino da Baratti…Insomma una miscela di tradizioni, storia e progresso che sono la vera anima dello splendido capoluogo piemontese.
All’aeroporto ci è venuto a prendere, sotto una pioggia battente e in un inatteso clima ancora decisamente invernale, Piq mio fedele amico di una vita nonché designato supporter per quest’ennesima impresa sportiva. Devo dire che ha assolto al suo ruolo in maniera precisa e impeccabile e di questo gli va reso onore e merito, grazie! Dopo averci scarrozzato al Marathon Village (onestamente mooooooolto low profile) dove io e Claudio ci siamo esaltati a guardare il percorso, lo stesso del 1919, che forse avevamo un po’ sottovalutato e le locandine delle prossime gare da mettere in agenda, ci ha portati ognuno nell’assegnata dimora: loro in un albergo fighetto del centro, io in una casa studentato senza acqua calda (scherzo!!!).
Da quel momento fino al giorno dopo non ricordo molto, perlopiù ho mangiato e dormito…
La mattina della gara mi sono svegliata pimpante e riposata come una rosellina di campo; il sole fuori era alto e splendente e una brezza fresca e costante soffiava portando via con sé rapidamente ogni mia più lontana paura. L’appuntamento era alle 8alle Porte Palatine, in prossimità della partenza, con Claudio, Antonio e Silvana. I quattro dell’Astra pronti a colpire e a portare alto il nome della società in terra sabauda! Caffè al bar, chip, riti e controriti, riscaldamento e poi veloci ad aspettare lo sparo di via in un’atmosfera rilassata e divertita. Per la prima volta nella mia carriera di maratoneta è risuonato alto e patriottico l’inno italiano, solo a Torino…comunque devo confessare che in una giornata in cui un po’ si decidevano le sorti del nostro paese, è stato altresì emozionante e di buon auspicio.
Siamo partiti sotto una nube di festoni e coriandoli colorati con un ritmo sin da subito decisamente veloce reso possibile dall’esiguo numero di partecipanti, circa 3000. Io, Claudio e Antonio abbiamo fatto i primi chilometri insieme a 5’ ben sapendo però che sarebbe durato poco e che ognuno avrebbe preso il suo ritmo. Molti mi hanno chiesto dopo le gare: “ma come ci si stacca da un compagno di squadra in maratona?ci si saluta?si avverte?”. Bhè no…in realtà non c’è un vero e proprio codice, è una cosa abbastanza naturale, è un po’ come correre.
Devo ammettere che avevo un pò d'ansia, la prima volta tutta da sola a tentare una velocità e un tempo in cui non credevo forse nemmeno io. Torino è una gara che si vince con la testa molto più che con le gambe. E’ tosta, davvero tosta. Il percorso è tutto dritto, strade lunghissime senza grandi distrazioni, quasi nessuno a fare il tifo…Bisogna avere la capacità di staccare il cervello e mettersi lì, diligenti e pazienti come soldatini, a tenere quello che si ha. Anche in questo caso ho fatto proprio una gran bella gara, me lo devo concedere. Sono partita a 4’55” che ho tenuto fino al decimo e poi tutto in progressione fino ai 4’41" degli ultimi chilometri in cui avevo ancora parecchia benzina da spendere! Il paesaggio intorno è molto bello e suggestivo con le Alpi a fare da cornice ai paesini di Moncalieri, Nichelino, Pinerolo, Rivoli…Rivoli proprio lì, in prossimità del 21esimo inizia una salita abbastanza lunga, circa 8 chilometri, che se non si è un po’ allenati si rischia di perdere alcuni secondi al chilometro…io sorprendentemente, e di questo devo dire grazie a tutte le mattine alle 6 in cui mi faccio via Dandolo per la gioia del pelato, l’ho aggredita e ho iniziato a correre più veloce e non mi sono più fermata. Sto iniziando ad amare le salite, le trovo affascinanti, intellettualmente. Ogni volta che ne incontro una molto ripida e che avrei voglia di fermarmi o rallentare penso: e che sarà mai?mica uccide!e ci provo…
Comunque dal 30esimo, per la legge del contrappasso, inizia invece un vialone lunghissimo, corso Francia, con una leggera pendenza in discesa per parecchi chilometri. E lì la gara, se sei arrivato bene e sei sereno di testa, è davvero tutta da giocare. Io ho lasciato andare le gambe, morbide, veloci; il sorriso sulle labbra mentre incrociavo, cantando a squarciagola, i visi delle persone che chi più e chi meno si sono in fondo lasciate coinvolgere dalla corsa spensierata del ciuffo biondo più veloce del west! Nelle maratone, viva la faccia, le donne dato che sono sempre molto poche e molto pazze, raccolgono un tifo e un calore straordinario! La rivoluzione femminile è nelle strade, non in parlamento! L’unica piccola crisi l'ho avuta intorno al 33esimo; il vento aveva soffiato in direzione contraria per tutto il tempo e mi sentivo davvero molto disidratata però ho tenuto duro e dopo il rifornimento mi sono ripresa meglio di prima!
Al 35esimo ho incontrato Piq che ha corso con me, incitandomi ed esultando, un intero chilometro a 4’30" che grande! Da lì in poi è stata la mia maratona: guardando il cronometro mi sono resa conto che ormai ero decisamente sotto le 3 ore e 30 e che mi bastava semplicemente mantenere quel ritmo per chiudere una gara memorabile. Ma stavo bene e per la prima volta ho voluto rischiare un po’…al 38esimo il sorriso incoraggiante di Aldo Rock mi ha dato il segnale di cui avevo bisogno e ho messo il turbo. Il rischio di scoppiare a un passo dalla fine c’era, ma non mi avrebbe preso! Sognavo quel traguardo, l’arco in Piazza Castello, Palazzo Reale, quella cornice meravigliosa con il sole brillante, i miei amici in attesa…Gli ultimi due chilometri li ho corsi davvero veloci e consapevoli e, come si dice, me li sò proprio magnati! Lo scatto finale negli ultimi 500 metri con un pubblico finalmente presente e vivo ad applaudire e incitare è stato davvero un momento magico. Ho tagliato il traguardo ridendo, emozionata e incredula per quelle 3 ore e 25 minuti che mai mi sarei aspettata!
Gli amici più cari erano tutti lì davvero felici per me e divertiti da quella giornata di festa che animava la città. Prima di andare ai ristori ho aspettato, speranzosa, l’arrivo degli altri miei compagni: Antonio ha chiuso egregiamente in 3 ore e 31 e Claudio…bhè quando Claudio ha tagliato il traguardo in 3 ore e 51, lui forse non se n’è accorto perché era frastornato com’è sempre dopo le gare, ma io mi sono sinceramente commossa. Vedere la sua gioia che è poi anche la mia mi ha fatto in un attimo passare davanti agli occhi tutti i momenti podistici trascorsi insieme: da quella benedetta domenica di gennaio della Tre Comuni con un freddo che tagliava la gola, a tutti gli allenamenti fatti mese dopo mese, la Roma-Ostia, i lunghi, i semi lunghi, Ladispoli, le ripetute, le congetture sui tempi, le paranoie, le urla davanti al cappuccino esaltandoci per una prestazione da babbei, la maratona di Roma e quei primi 27 chilometri di fiducia…ho rivisto in lui la mia storia di runner, la felicità pura e semplice che ti dà uno sport, la fatica ripagata, l’amicizia pulita, la motivazione, la familiarità, la pioggia, il vento, il sole, le stagioni che cambiano, i sogni, le illusioni, gli alieni, la Roma, Roma. Perché la corsa è anche la vita. E’ quella forza ed entusiasmo che mi mancavano nell’affrontare il mondo, la grinta per non mollare quando le cose non vanno, saper godere delle piccole soddisfazioni, lasciare libere le parole, innamorarsi delle persone, non giudicare dalle apparenze, tendere una mano a chi ne ha bisogno, salutare con garbo quando è il tempo di partire, fermarsi al momento giusto, saper ritrovare la strada di casa quando ci si sente perduti…
La sera in aereo tornando a casa ho guardato per un’ultima volta Torino dall’alto…dopo gli stravizi della giornata era tornata ad essere silenziosa ed educata come sempre. Come una vecchia madama che si lascia andare per un attimo all’impeto delle passioni, antico barlume di gioventù, per poi ritornare compostamente al ruolo che assurge. Ho sorriso teneramente e poi ho appoggiato la testa sul sedile…arrivederci Torino e grazie per aver regalato, anche a me, un piccolo record di passione.
Mi sono risvegliata che eravamo già a Roma. L’ho capito perché urlavano tutti, perché i cellulari squillavano all’impazzata, perché la gente faceva assurdamente a pugni per scendere e arrivare prima. Ma questa è la mia città e la amo perché è caotica, prepotente e un po’ matta. Ma adesso lo so. E’ qui che domani ricomincia la mia strada…

venerdì 11 aprile 2008

Riportando tutto a casa


Domani mattina si parte...Torino, di nuovo Torino...
Non è tanto la maratona, questa volta, a fare paura. E' più il ritorno, i ricordi, le emozioni sopite...E' la curiosità di attraversare questa città con delle scarpe nuove, con una maturità diversa, con altre mani...
Mi perderò tra i caffè e le atmosfere cortesi dell'antica capitale sabauda e pensando a quello che non c'è, inevitabilmente, proverò a tagliare un altro traguardo. Coraggio...Fino all'ultimo respiro...

martedì 8 aprile 2008

1h33'08" , la sagra della salsiccia


Una meritata vittoria, finalmente posso dirlo… Dopo mille peripezie, cambi di programma, dolori, bagordi notturni, treni persi, lavori in corso, forsesianzicheno, domenica mattina ho partecipato alla coloratissima mezza maratona di Frosinone anche detta mezza della salsiccia.
Alle 7 io e Claudio siamo partiti dalle strade raffinate e silenziose di Trastevere per approdare un’ora dopo nel centro “storico” della verace provincia laziale. L’atmosfera era particolarmente concitata; i partecipanti, gli organizzatori, le istituzioni e il pubblico si aggiravano in maniera nevrotica consapevoli che quella mattinata rappresentava per l’intera comunità un motivo di vanto e di orgoglio davvero ciociaro. La presenza di un atleta famoso e straordinario come Giorgio Calcaterra contribuiva a rendere fiera una città che si affaccia alla competizione agonistica da poco. Non so spiegare ma in questi posti gli eventi sportivi di un certo livello hanno un valore in più:danno prestigio, richiamano pubblico e sono assolutamente “straordinari”. Bene a quel punto gli ingredienti per una gara totalmente diversa dal solito c’erano proprio tutti. Mi sentivo incredibilmente serena, divertita e affascinata da quella realtà meno autorevole delle competizioni internazionali ma sicuramente più vera e agguerrita.
Ritirato il pettorale (senza chip per la prima volta!) ci siamo messi a studiare il percorso scoprendo con grande disappunto che si trattava di tre giri consecutivi intorno alla città. Mentalmente, almeno per me, sfiancante. Passare a ripetizione nelle stesse strade, sotto al traguardo;sapere già quanto manca, com’è l’andamento del terreno. Ahiahiahiahai…Cmq quella giornata era partita con lo spirito “machecefregamachecemporta” quindi non mi sono neppure messa a pensare più di tanto a un ipotetico tempo. Il mio personale da abbattere, fatto a Ostia un mese fa, era di 1h41’01”. Domenica c’è la maratona di Torino e quindi il buon senso avrebbe voluto che optassi per condurre una gara rilassata, senza spingere troppo. Ma ormai ho capito che il buon senso, almeno in certe cose, non sempre ha senso.
Ci siamo avvicinati alla partenza dopo un breve riscaldamento e una volta sistemati i pod e contapassi (per altro completamente fuori tara) abbiamo aspettato, tra battute e risate, lo sparo di via. Il numero non elevato di partecipanti ha permesso subito di prendere un ritmo veloce anche perchè devo ammettere che, nonostante la porchetta e il vino, a questa mezz hanno preso parte atleti davvero molto forti che hanno, forse inconsapevolmente, spinto un po’ tutti a condurre una gara abbastanza aggressiva almeno nella prima metà.
Io sono partita con il mio solito effetto siluro irrazionale ma per fortuna già dal terzo chilometro ho rallentato stabilizzandomi su un 4”20’/Km abbastanza costante. Del paesaggio intorno non posso raccontare molto perché effettivamente non è che fosse propriamente mozzafiato;comunque la gara è proseguita in maniera molto regolare con un tracciato pianeggiante e privo di asperità fatta eccezione per un paio di chilometri, verso la fine, leggermente in pendenza. Sensazioni decisamente positive: zero affanno nonostante un ritmo veloce, gambe leggere e bella progressione. Mi sono resa conto che stavo facendo una buona gara quando ho iniziato chilometro dopo chilometro a superare le altre atlete donne forse leggermente affaticate dalla monotonia e ripetitività della strada. Va detto che l’organizzazione è stata probabilmente una delle migliori che abbia mai testato: supporto dello staff continuo, ristori e spugnaggi perfetti, pubblico rispettoso e tutto sommato abbastanza incuriosito e poi… e poi loro. Il vero “premio” di questa gara: gli angeli della Ciociaria (con me nella foto)!Un gruppo di centauri locali che hanno aperto la strada e scortato tutti gli atleti per l’intero svolgimento della manifestazione. Dei miti assoluti;in sella alle loro moto, occhiali scuri, bandana e camperos sono stati la cosa che mi ricorderò con più simpatia di questa mezza maratona.
Dal 18esimo chilometro in poi, senza alcuna fatica, ho iniziato ad accelerare un pochino:ero sotto l’ora e 35 ed ero già felice così, dietro di me non avevo contendenti a mettere il fiato sul collo quindi ho semplicemente tirato fino alla fine senza strappi o volate sfiancanti. Ho tagliato il traguardo in 1h33”08” con un settimo posto assoluto e un secondo di categoria. Semplicemente incredula per il tempo ma soprattutto per la facilità con cui riesco a conquistarmi questi miglioramenti gara dopo gara.
La parte più bella della giornata è stata però la premiazione. Manco la finale di Miss Italia. C’erano tutti in pompa magna: il sindaco,il vicesindaco, il capo della polizia municipale,quello dei vigili del fuoco,l’assessore allo sport, la presidentessa dell’organizzazione, gli angeli della Ciociaria,il vescovo e lo spirito santo! Una scena assolutamente felliniana di una lunghezza esasperante…Alla fine sono stata acclamata sul podio con tanto di stretta di mano ma, ahimè, senza neppure una salsiccia o un fiaschetto di rosso…che amarezza!Ho riportato indietro un’orrida felpa con il logo della mezza maratona di Frosinone e il ricordo, però, di una giornata davvero surreale e genuina non foss’altro per il corridore che a un certo punto ha indicato l’i pod di Claudio (che ha straordinariamente chiuso in 1h40min stabilendo così il suo personale)e guardandolo incuriosito gli ha chiesto: “ma che è un navigatore satellitare?”!
Stamattina, dopo il meritato riposo di ieri, sono tornata a correre. Villa Pamphili all’alba era solitaria e un po’ malinconica. Però gli alberi, i prati e le foglie ormai sono tutti verdi…e io? Voglio una vita tranquilla, io…


Ringraziamenti
La vittoria di domenica vorrei dedicarla alla mia squadra, al President, a Claudio che ha iniziato a sorridere, a mio papà che sta finalmente cominciando a capire che le maratone sono tutte lunghe uguali, all’umiltà e l’incoraggiamento di un campione come Giorgio Calcaterra, a “quelli della notte”, a Fabrizia che mi ha preso per mano quando stavo per cadere, ai miei supporters torinesi, alla sveglia alle 6, alle mie amiche un pò pigre, alla musica quando si corre, a chi non si arrende, al cuore, alla pancia, all’ora o mai più, all’inaspettato…ma soprattutto la vittoria di domenica voglio dedicarla ,almeno per una volta, a me. Perché, in fondo, me la sono anche un po’sudata.

martedì 1 aprile 2008

Vicini e lontanissimi


Fine settimana di vittorie. E’arrivata finalmente la primavera, gioia e dolore di tutti i runners. Le temperature che si alzano, il vento delicato, allenamenti in notturna. Ma anche stanchezza, caldo, crampi… Sabato di riposo. Giornata totalmente dedicata all’ozio…era da tanto che non mi prendevo un momento tutto per me e quindi ne ho approfittato per fare ciò che mi riesce peggio:riflettere.
Da quando mi sono avvicinata al mondo del podismo sulla lunga distanza ho dovuto, necessariamente, iniziare ad affinare questa virtù di cui sono quasi totalmente sprovvista. Come dico sempre e mi dicono, sono una persona “di pancia”: puro istinto, totale mancanza di filtro tra cuore e cervello. Un bene, ma spesso un boomerang senza ritorno. Se penso alle prime gare a cui ho preso parte mi viene un po’ da ridere: partenza a distruzione di massa per poi scoppiare da metà in poi. Zero testa, zero controllo, solo sentimento. E infatti i risultati, nonostante l’allenamento, nonostante un’apparente dote innata, tardavano ad arrivare.
Poi dopo Firenze ho capito che in quel modo quasi romantico di affrontare la competizione avrei finito per detestare lo sport che più mi ha rapito l'anima. E ho iniziato a usare la ragione, almeno in parte. Dare importanza al ritmo, rispettare la progressione, allenamenti di qualità, lunghi, recuperi, alimentazione adeguata, visione lungimirante della gara. Quando ho sentito per la prima volta tutti questi termini tecnici mi è venuto un colpo…e il divertimento dov’è?e la grinta?la passione? la rabbia? Spariti in un elenco infinito di consigli e regole, possibile? Poi ho capito che tutte le esperienze che ci vengono trasmesse dobbiamo adeguarle comunque sempre prima a noi stessi, alla nostra capacità naturale di reagire alle sollecitazioni esterne senza però divenirne schiavi. Mantenere l’entusiasmo senza lasciarsene però completamente travolgere. Non esiste “la guida del corridore perfetto”, non vale l’assioma “se fai così, allora…”. Però esiste la possibilità di provare strade differenti, magari inusuali, poco attraenti e incomprensibili fino a che, come per magia, si trova quella più facile. Che è la nostra.
Domenica ho fatto una cosa davvero “surreale ma bella”. La mattina ho corso la Vola Ciampino, una 10 km a cui ha partecipato tutta la squadra, chiudendo con un meritato terzo posto femminile in 42 minuti. Poi, nel pomeriggio, 35 km a 5'.10" tra i ciottoli e la storia dell’Appia Antica. Un sogno. Una vera pazzia quasi per tutti i “saggi” del mestiere.
Non lo so se ho fatto bene o male. Tra 10 giorni c’è la maratona di Torino e forse questa mattata la pagherò tutta. So solo che, mentre correvo il lungo con il mio amico di sempre, lui a un certo punto mi ha detto ”lo sai Cami la cosa che, forse involontariamente, mi hai insegnato in questo sport è sorridere, sorridere sempre anche quando comincia a fare male”.
Forse è questo il segreto della mia corsa.